Regia di Bigas Luna vedi scheda film
NOMEN OMEN? Già, poiché, a parte qualche eccezione, questa pellicola parrebbe confermare per il buon Bigas il suo status di “Luna” ( inteso come satellite) orbitante attorno ai più massicci “corpi celesti“ suoi conterranei, quali Almodovar, Amenabar e non solo.
Fortunatamente Omero e Virgilio dipartirono per altri orizzonti qualche anno prima risparmiandosi così le performances di Ulises (non quello di Penelope purtroppo), pur non potendo noi escludere che costui, con l’insistenza e la frequenza delle sue “epiche” citazioni, sia stato in grado di causare loro angoscianti convulsioni nell’oltretomba!
L’aspirante Casanova (Mollà) riveste il ruolo, peraltro in modo non sempre convincente, di un colto docente di letteratura mosso dal desiderio di instillare quel qualcosa in più nel gulliver dei suoi studenti attraverso la ragione e la riflessione; mentre la Watling (se non altro baciata dalla dea della bellezza), genuina giovincella a servizio nella solare trattoria gestita dai suoi genitori, parrebbe quantunque dotata della non comune qualità del saper discernere tra cultura e ricchezza soppesando, con apparente consapevolezza, i relativi vantaggi e svantaggi di entrambe le condizioni.
A onor del vero la prima parte non sfigura, come anche il phatos dell’epilogo con la “Son de Mar” che, affondando lentamente, non lascia lo spettatore indifferente. A indurre inquietanti perplessità sono altri aspetti, a partire dalla sceneggiatura e dalla trama, alle quali occorre sommare la non eccelsa qualità della recitazione.
La seconda parte scade in un turbinio di boutade che sfiorano l'assurdo: il docente educatore/pedagogista che, poco dopo essere diventato padre, subisce una repentina metamorfosi sul genere dott. Jekyll / mr Hyde, non tanto in merito all’aspetto esteriore quanto alla forma mentis; accordi galanti e inverosimili appuntamenti in barca per il giorno successivo presi nell'arco di pochi secondi con un’affascinante super femmina mai vista né conosciuta e, dulcis in fundo, una "resurrezione" ben poco miracolosa a cui ne seguirà una seconda di coppia ed enigmaticamente trascendentale.
Non ho avuto modo di visionare tutte le opere del regista spagnolo ma, a quanto si legge, pare sia riuscito in alcuni casi a fare ben di più (seppur in altri casi anche ben di meno) nel corso della sua eterogenea filmografia. Nel film in oggetto non è tutto ben chiaro, e a volte lo spettatore ha l’impressione di essersi perso qualche sequenza. Inevitabile (e non è l’unica circostanza) non provare scetticismo al riapparire del tonno, ops chiedo scusa, di UN tonno in mano al redivivo Ulises ma, niente paura, costui con qualche colta citazione sistema tutto ottenendo che la sua “breve” uscita ittica quadriennale (durante la quale viene dato per morto da moglie e figlio) venga giustificata e paradossalmente perdonata come una banale birichinata da parte di Martina (o perlomeno così sembrerebbe). Da qui lo spunto, ovvero l’escamotage per volgere la tempestosa storia d’amore in burrasca, ottemperarando così ai freudiani e immancabili Eros e Thanatos tradotti per l’occasione nei sesso, cibo e morte tanto cari a Bigas Luna.
Per concludere, nel corso degli anni ho visto un paio di volte il film e non mi sentirei di consigliarne la visione ma…paradossalmente neanche di sconsigliarla, e perché mai?
Per due ragioni (una per ogni stella), la prima esclusivamente “cinematografica” in quanto la fotografia di José Alcaine, complice la costa valenciana, è davvero eccellente. La seconda squisitamente musicale, ovvero nella colonna sonora “qualcuno” in preda a celeste ispirazione ha divinamente scelto di inserire il sublime brano dei King Crimson (azzeccatissimo in quel contesto di sole e mare): ISLAND dall’omonimo album del ’71!
Una vera, unica e paradisiaca “visione” per l’udito, provare per credere!.
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