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Leprechaun 4

Regia di Brian Trenchard-Smith vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Leprechaun 4

di DeathCross
3 stelle

Terzo sequel della saga sulla rivisitazione (a parole) "horror" del Personaggio folkloristico irlandese, come il precedente anche questo è un prodotto direct-to-videoe anche qui alla regia troviamo Brian Trenchard-Smith.
Diverse saghe horror del periodo 80-90 hanno deciso di approdare, senza reale motivo, nello spazio e, quasi sempre, questo accade con il capitolo 4 (tranne con "Friday the 13th"). Anche il Leprechaun, quindi, decide di finire nello spazio, perché boh: forse l'Irlanda gli aveva fatto schifo, e infatti già nel 2° capitolo si era trasferito in Usa, e a quanto pare degli states gli interessavano solo Los Angeles (hollywood) e Las Vegas (i casinò), poi si sarà annoiato, che ne so. So solo che va a finire nello spazio, e tutta questa intro scema serviva a riempire un po' la pagina perché il Vuoto (credo) dello Spazio rappresenta molto bene la sostanza di questo film, ovvero il Nulla.
Si inizia come se fossimo in "Aliens" di Cameron ma la sua noiosa parodia televisiva, con marines che urlano «Yes Sir» come in "Full Metal Jacket" ma la versione idiota, spunta nel montaggio senza essere invitato il sempre meno nostro Leprechaun (o, meglio, erano i marines spaziali ad inizio film ad essersi introdotti senza invito alcuno, ma son giunti prima quindi la parte dell'intruso la fa paradossalmente il "padrone di casa") che, come nel 2, ha voglia di sposarsi, ma con una principessa così diventa re di un pianeta random perché, boh, i poteri magici non gli bastano più oppure vuole provare a buttarsi in politica.
Comunque, i marines arrivano, lo fanno saltare in aria e fine, ma i cortometraggi non rendono bene quindi fine un c***o: una pisciata lo resuscita (citazione a "Braindead" di Jackson?) e il Leprechaun, se ho capito bene, si "attacca" al ca**o del soldato urinatore per poi tornare in vita per regalarci una bella oretta di minchiate e atmosfere piatte Il tutto condito da svariate citazioni a Cult e Classici del Genere (da "The Fly" al già nominato "Aliens", dal Chop Top di "The Texas Chainsaw Massacre 2" a quello che mi è parso un rimando all'auto-mutilazione di un dito di Freddy in "A Nightmare on Elm Street) ma buttate lì in modalità così banali da non catturare l'empatia dell'appassionato; un cast che, fatta eccezione per Davis (palesemente l'unico a credere nel progetto), passa dall'eccesso pacchiano di Siner nei panni del dottore scemo e di Colceri nei panni del capo marines testa di latta (che praticamente ci propone la versione inutilmente ampliata della sua brevissima interpretazione del marine che smitraglia sui civili in "Full Metal Jacket", e infatti il suo volto non mi era nuovo) alla piattezza totale di praticamente tutti gli altri attori e di tutte le altre attrici, protagonista in primis dal volto esplicitamente televisivo.
Tecnicamente non si può definire un film bruttissimo (in particolare la fotografia si dimostra abbastanza valida sul piano meramente professionale), ma è di una piattezza, di una banalità, di un'idiozia esasperante, e gli effetti digitali fatti alla carlona affossano soltanto il già molto mediocre risultato: probabilmente gran parte dei problemi nascono dalla scrittura, con una sceneggiatura dove l'impegno (non riflessivo, che sicuramente non va nemmeno cercato in questa saga, ma nella pura costruzione di narrazione e dialoghi) è non minimo ma completamente nullo. Però sono convinto che, in mano ad un/a regista anche solo vagamente personale, il risultato avrebbe potuto essere un pochino migliore o, quanto meno, più interessante: Trenchard-Smith invece, che nel capitolo precedente sembrava poter essere un sì impersonale ma comunque discreto artigiano, qua dimostra di essere un decisamente anonimo mestierante, e quindi la banalità "della carta" viene confermata ed esplicitata dalla sua messa in scena piattissima e, secondo me, svogliata quanto lo script di Pratt.
Sicuramente il punto più basso della saga finora.

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