Regia di Alessandro Benvenuti vedi scheda film
Cabarettista in compagnia (nei Giancattivi) e in proprio, attore e regista di teatro, televisione e cinema, per se stesso e per altri: Alessandro Benvenuti è, come si dice in questi casi, personalità varia e multipla. Toscano classico ma fautore di una toscanità atipica, che lo distanzia dai Pieraccioni e i Ceccherini, semmai il suo cinema è figlio del monicellismo, inguaiato com’è tra i parenti serpenti. Che sia autore fino a oggi sottostimato lo confermano i fatti: qualcuno, tra i critici, si è accorto della grazia feroce di certe opere che si chiamano Zitti e mosca, Caino & Caino, Ivo il tardivo, per non parlare della “saga” consumata in Casa Gori? Al decimo film sposta un po’ il suo centro d’interesse e, pur occupandosi ancora di loschi traffici familiari, tenta di uscire allo scoperto cucendosi addosso il personaggio di un avvocato pieno di manie che non può non ricordare il Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato. L’urgenza di raccontare troppe cose del mondo che ci circonda in un’unica soluzione - razzismi, extracomunitari, solitudini, vecchiaie - non gli consentono di mantenere stabile l’equilibrio delle parti, sicché l’unico carattere che emerge - in un film corale affollato d’attori - è, oltre al suo, quello di Arnoldo Foà.
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