Regia di Marco Antonio Adinolfi vedi scheda film
Un romano, appena arrivato a Napoli, non fa in tempo a uscire dalla stazione che viene scippato. Perde la testa, nessuno capisce perchè: eppure l'uomo rivuole a ogni costo la catenina che gli è stata strappata dal collo. Tanto che indaga presso i camorristi locali, riuscendo infine a recuperare l'oggetto presso una cartomante/prostituta. Ma nel frattempo la terribile verità sul suo conto è venuta a galla: a mezzanotte in punto, senza la catenina, l'uomo diventa un lupo mannaro assetato di violenza.
Il lupo mannaro contro la camorra, uscito una prima volta con il titolo dall'infimo appeal La croce dalle sette pietre, è l'epitome del trash, il film che rappresenta la vetta dell'impossibile messo in scena, quantomeno all'interno della cinematografia nazionale. In Italia nessuno ha mai osato tanto quanto Andolfi, nè prima e nè dopo: tanto che è difficile capire dove esattamente finisce lo sconsiderato coraggio e cominci l'incapacità brutale, ovvero quanta parte del film sia volontariamente ridicola e quanta invece no. A Marco Antonio Andolfi - soggettista, sceneggiatore, regista, montatore, curatore degli effetti speciali e protagonista - il budget miserrimo a disposizione fa davvero un baffo: lui sarebbe riuscito senz'altro a produrre un capolavoro del demenziale come questo anche con metà dei fondi a disposizione; tant'è vero che gli attori veri presenti nel cast sono totalmente ininfluenti e i loro cachet sono indubbiamente sprecati: Giorgio Ardisson addirittura entra ed esce dalla pellicola nel giro di una manciata di secondi; Annie Belle dura poco di più, mentre Gordon Mitchell è quello che compare in maniera quantitativamente più sostanziosa. Raccontare le ragioni per cui Il lupo mannaro contro la camorra sia un capolavoro nel suo (anti-)genere sarebbe lungo e controproducente: un (anti-)film simile va semplicemente visto; su certi spigoli della storia e della confezione tecnica però vale la pena spendere un breve elogio. Perchè l'opera di Andolfi rasenta la poesia negli stacchi privi di coerenza logica fra una scena e l'altra; perchè il 'costume' dell'uomo lupo è surreale e la scena della trasformazione è un esempio meraviglioso di ignoranza di qualsiasi regola di base della settima arte; perchè certe scene non fanno soltanto sbellicare (l'accoppiamento sessuale nel finale, con lei invasata e lui rigido che guarda palesemente altrove), ma arrivano a punte di vero e proprio sublime, complice anche la totale allergia di Andolfi nei confronti della recitazione. Il quale, neanche a dirlo, così come qui esordisce, qui chiude con il cinema, se si eccettua qualche particina come interprete in produzioni infime segnalate da Imdb.com. E' dura dover dare un voto negativo a un'opera che suscita sentimenti tanto contrastanti, certo ignobile a livello artistico, ma anche divertentissima e indimenticabile per la sua sgraziata e ostentata salva di deformità cinematografiche. 1/10.
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