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Il trucido e lo sbirro

Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film

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La recensione su Il trucido e lo sbirro

di Piace91
6 stelle

Il 1976 è un anno storico per il genere: nascono gli embrioni del poliziottesco comico. Sebbene in sala si sia già visto Piedone e qualche commistione noir/commedia, il '76 dà inizio a due leggende: Monnezza e Nico Giraldi, Il trucido e lo sbirro e Squadra antiscippo, Lenzi e Corbucci, ma sempre e solo Tomas Milian. Sono ormai dieci anni che il poliziesco all'italiana è una presenza fissa nei cinema dello stivale: dieci anni precisi se poniamo come inizio dell'avventura il film di Lizzani su Luciano Lutring (1966); un paio di meno se utiliziamo quello sulla banda Cavallero (1968). Il polizottesco puro si propaga fino allo scoccare degli anni '80 e, come spesso accade nel cinema di genere, il de profundis lo intonano le derivazioni iperviolente oppure le parodie. Dato che di violenza ce n'era abbastanza, il funerale è ad opera della commedia. E che commedie! Le squadre e i delitti di Corbucci, insieme alle pellicole di Monnezza, sono quanto di più riconoscibile esista nel cinema e hanno dato vita a una maschera moderna, un personaggio da commedia dell'arte contemporanea, al pari di un Arlecchino di Trastevere. 

 

Però, c'è un però. Il primo film di Monnezza ha più di un problema. Sebbene si apra con un bellissimo tributo al western, che sa tanto di celebrazione delle radici cinematografiche del genere, e abbia innegabilmente delle belle scene qua e là, Il trucido e lo sbirro è un gran casino. Un casino che non parte solo dalle urla di Monnezza e soci, ma soprattutto da una sceneggiatura molto confusionaria e uno svolgimento eccessivamente ingarbugliato. L'effetto è anche aumentato da un ritmo incalzante e un montaggio molto cinetico. Se regista e montatore avessero operato in questo modo con una trama più lineare, tutto ciò sarebbe stato un merito indiscusso, ma non con uno svolgimento così intricato. Spesso si cambia scena così improvvisamente che rimani a chiederti "Aspe, sto avvocato chi minchia era?" senza capire dove il film vada a parare. I personaggi, inoltre, sono tanti, visivamente molto simili tra loro e si accavallano l'un con l'altro. Il problema non è però riconducibile alla stesura del soggetto (anzi, infinite lodi a Dardano Sacchetti per aver scritto un personaggio così iconico e tanti altri secondari con la loro personalità), ma all'intelaiatura generale del film: troppa roba, troppe situazioni, troppo veloci. 

 

 

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