Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film
"An extended skiing sequence, which in itself is a wonder as it's probably the longest exterior sequence Ozu ever filmed" (jiankevin 13 December 2003). Si possono sottolineare gli elementi tecnici e stilistici che diverranno tipici diOzu; il senso del film sembra però essere di puro gioco e di raccolta di battute goliardiche, forse a tutto favore del donnaiolo e disinvolto Watanabe (Ichiro Yuki) rispetto al più serio (troppo?) Yamamoto (Tatsuo Saito) cui ruba la ragazza mentre ne sfrutta l'ospitalità: per incontrare ragazze offre in affitto la propria cameretta di studente e si trasferisce a casa dell'amico. La ragazza poi risulta già promessa sposa ad un altro, e Watanabe al rientro a casa (dopo aver saputo che entrambi sono stati bocciati) insegna all'amico il metodo di affittare la camera per incontrare ragazze. Sembra tutto finalizzato solo a una raccolta di gag ben riuscite; qualche momento di partecipazione ai dolori amorosi di Yamamoto è subito compensato da aspetti comici degli inganni cui lo sottopone l'amico per prendergli la ragazza. Forse fin d'ora la musa di Ozu sembra quella di far partecipare ai sentimenti dei personaggi o almeno di esprimerli efficacemente, senza prendere posizione.
Discreto lo studio di Dario Tomasi per il Castoro (Milano 1996), non privo di sviste, ma pur sempre il migliore studio su film o registi che mi sia capitato di leggere. Anche per questo non sto a studiare i film di Ozu e mi limito a poche considerazioni casuali e qualche impressione, per lo più scritta molto dopo aver visto i film, che stiamo rivedendo in ordine, da circa due mesi (16-01-2005), solo recentemente accompagnati dalla lettura del commento di Tomasi. Del resto è troppo difficile comprendere (e quindi valutare) film di un'altra cultura così diversa, soprattutto quelli di Ozu che descrivono la vita quotidiana di giapponesi di oggi. Mi sembra più comprensibile un film di Kurosawa, che ricostruisce aspetti di un Giappone lontano anche per lui e quindi più condivisibile da noi. Per esempio, molti protagonisti di Ozu bevono molto o troppo sakè e alcuni ne muoiono, ma non sono certo che questo sia proposto come negativo; le citazioni frequenti di film americani nei primi tempi (alla vigilia della guerra ci saranno poche citazioni, prevalentemente europee e sempre più tedesche) sono frutto di ammirazione di Ozu o derisione di una moda del tempo o semplicemente una testimonianza della moda senza giudizi su di essa? Neppure lo stile con cui sono viste le cose aiuta a capire, per chi è lontano dal gusto e dai modi giapponesi. Forse Ozu non intende prendere posizione e si limita a descrivere la vita nei suoi vari aspetti, comici o tragici o patetici, attento a rendere stilisticamente ciò che descrive e a far partecipare il pubblico; così mi sembra spesso, ma molte altre volte mi pare che il modo di descrivere e la scelta dei fatti o anche delle immagini collaterali (metonimiche, direbbe Tomasi) comporti un preciso giudizio del regista, anche se non sono in grado di riconoscerlo con precisione.
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