Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film
Tardo Autunno (“Akibiyori”) del 1960 è il terzultimo film di Ozu. La trama è un’ennesima variazione dei temi cari al regista: un gruppetto di amici, per indurre al matrimonio la restia figlia della vedova di un loro caro amico, tentano di far sposare la vedova ad uno di loro, anch’egli rimasto vedovo. È
evidente la somiglianza (anche nel titolo) con la storia narrata nel capolavoro del 1949 Tarda primavera (”Banshun”), ma va sottolineato che la poetica di Ozu non è volta a raccontare una storia, ovvero una successione di particolari eventi, bensì di evidenziare l’evolversi dei sentimenti e degli stati d’animo dei protagonisti in relazione ai casi della vita: è una visione che predilige l’intimismo rispetto alla spettacolarità, analizzando la rottura di un equilibrio nella vita familiare e le dinamiche che portano alla ricomposizione (o alla ricerca) di un nuovo e differente equilibrio.
L’impostazione narrativa (spesso condita da una leggera e bonaria ironia) incentrata sull’evoluzione dei rapporti familiari (soprattutto fra genitori e figli) è perfettamente parallela a quelle delle dinamiche della società e della cultura giapponese in quel periodo storico (dal dopoguerra agli anni ’60) che vedeva il progressivo decadere delle antiche tradizioni in favore di una modernizzazione di stampo occidentale. Al riguardo, trovo particolarmente significative le scene iniziali di questo film in cui i protagonisti sono riuniti per una commemorazione del loro amico Miwa deceduto anni prima mostrando una rispettosa accondiscendenza al rito, ben lontana da una sincera partecipazione, che evidenzia il distacco nei confronti della tradizione religiosa mentre il loro vero piacere risiede nella successiva riunione conviviale che, probabilmente, è l’autentico e sottinteso scopo che li ha indotti a partecipare alla riunione.
Il caratteristico e inconfondibile stile di Ozu è frutto di precise scelte indirizzate ad eliminare tutto ciò che non sia necessario per cui nei suoi film, così come in questo, tutto appare semplice e naturale ma nulla è superfluo: la visione è scorrevole, senza strappi o tempi morti e lascia sempre qualcosa nell’animo dello spettatore. Tarda primavera è un ottimo film, a parer mio senza punti deboli, anche se manca di quel quid per poterlo definire un capolavoro.
La riuscita del film, oltre che (ovviamente) alla regia, è dovuta anche all’ottima prestazione di tutti gli attori e le attrici che interpretano con efficace espressività un serie di ben definiti personaggi, ciascuno con una propria sincera umanità: su tutti la sempre grande Setsuko Hara (Akiko, la vedova di Miwa), ma è notevole anche la bravura di Shin Saburi (Mamiya), di Nobuo Nakamura (Taguchi), di Ryuji Kita (Hirayama), Yoko Tsukasa (Ayako, la figlia di Akiko) e una menzione speciale per Mariko Okada (Yuriko) il cui intervento consente lo scioglimento dei nodi della vicenda; non può mancare un cameo di Chishu Ryu (il fratello di Miwa), onnipresente nei film di Ozu.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta