Regia di Henri Decoin vedi scheda film
Bello questo “polar” con il grande Gabin, diretto bene quanto basta da Decoin. L'ambiente della malavita, del traffico di droga e dei tossicodipendenti viene descritto in modo crudo e realistico: i primi sono criminali spietati, per i quali contano solo i soldi e il potere, mentre la vita del prossimo vale meno di niente; i secondi sono esseri umani distrutti dalla droga, la quale ruba loro tutta la dignità e li riduce in un stato tra il pietoso e il disgustoso. L'unico personaggio che, nonostante viva in questo ambiente, ha ancora un cuore è quello di Jean Gabin, e alla fine si capisce come mai. Ben fatto l'episodio finale, con i trafficanti (tra cui un giovane Lino Ventura) che muoiono nella sparatoria in un impeto di odio furioso e cieco, cieco anche davanti alla propria autodistruzione. Negli anni '50 vi fu anche Preminger che girò uno splendido film sulla droga (L'uomo dal braccio d'oro), anche se più sul problema della tossicodipendenza che quello dei trafficanti. Evidentemente questa infernale realtà cominciava ad imporsi proprio allora. Cosa dovremmo pensare di chi dice che drogarsi non è poi così male, e che è giusto averne il diritto?
Il titolo italiano non mi quadra tanto. Non vi sembrerebbe più appropriato "La grande retata"? Non so il francese e non mi sbilancio in una critica aperta, ma mi sembra uno dei tanti casi di traduzione maldestra. Cambiano quasi sempre i titoli ma, quando bisognerebbe farlo, li lasciano uguali (almeno le parole). Prendete "I 400 colpi". Cosa vuol dire in italiano? Niente, solo "400 colpi". In francese, invece, è un modo di dire. E in italiano, traducendo letteralmente, il senso va completamente perduto.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta