Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Cosa accade ad un’adolescente di provincia che si ritrova suo malgrado proiettata in una grande metropoli all’inizio del nuovo millennio? Ce lo spiega Paolo Virzì, che con l’usuale sagacia racconta la storia di Caterina, che da Montalto di Castro si trasferisce a Roma: cambia amici, abitudini e soprattutto cambia scuola, passando traumaticamente da una vita semplice e per certi versi “coerente” ad un tenore di vita in cui occorre calcolare tante, troppe dinamiche. Caterina prova esperienze anche estreme: dapprima girotondina ed anarchica, successivamente fascista e “pariolina”, Caterina non arriva in nessun caso ad una completa integrazione. In più, c’è da calcolare una vita familiare che non l’aiuta: il padre (Sergio Castellitto) vive un’esistenza priva di punti fermi e finirà per perdersi in una crisi d’identità irreversibile, la madre (Margherita Buy), ingenua ed insicura casalinga non l’aiuta affatto. Il film finisce senza una morale, senza un messaggio: il cinema di Virzì aiuta a riflettere. E questo di “Caterina va in città” è una riflessione veritiera e, dunque, estremamente amara di una situazione sociale che talvolta sfiora il drammatico.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta