Regia di Emanuela Piovano vedi scheda film
Film sui matti o sugli psichiatri? O forse sul perché - è un luogo comune, lo riconosco - gli psichiatri appaiono così simili ai loro pazienti?
A parte le buone intenzioni, a parte anche la buona prova degli interpreti (Sonia Bergamasco, Ignazio Oliva e Luigi Diberti di supporto), quasi tutto suona falso e forzato nel film della Piovano.
Questi matti sono, quasi tutti e fin troppo, consapevoli del proprio disagio psichico, tanto da poter rendere superfluo il ruolo della psichiatria. Fausto, addirittura, narra fin da subito alla dottoressa il proprio rapporto problematico con i genitori e con la mamma in particolare, quasi che avesse già letto i sacri testi freudiani. Per di più, alla fine, intraprende un cammino di guarigione con eccessiva facilità, per non parlare dell'autonomia (cui ha forse contribuito anche lo stesso rapporto con Elena) e della autoconsapevolezza.
Direi che finora in Italia il meglio sul disagio psichico è stato fatto da Bellocchio, Agosti, Petraglia e Rulli con Matti da slegare (1975), in epoca di campagna basagliana, ma anche il più recente Si può fare (2008) di Giulio Manfredonia è assai più riuscito di questo Amorfù.
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