Regia di Orson Welles vedi scheda film
La sete di potere, l'ossessione, la pazzia e la distruzione. Macbeth è tutto questo. E molto altro, poiché dietro la macchina da presa c'è lui, l'enorme e genio assoluto Orson Welles. L'antieroe spregevole e senza scrupoli da creatura prettamente Shakespeariana, come sarà in (quasi) tutte le altre trasposizione cinematografiche dell'opera, diventa qui, a pieno titolo, perfetto personaggio all'interno della filmografia del regista. Questo Macbeth è molto più vicino al citizen Kane di quanto non si pensi: quello che Welles attua è uno studio psicologico di un personaggio megalomane e completamente folle, ma infine anche patetico e miserevole, come sarà poi il protagonista di un'altra opera ispirata al poeta inglese, Falstaff. Macbeth e la di lui consorte sono, nella pièce, l'incarnazione del male che viene sconfitto dal prode Macduff e dal senso di colpa che perseguita e corrompe le anime dei malfattori, i quali, in cuor loro, sanno di dover andare incontro al medesimo e terribile destino, tanto che, quando Lady Macbeth si suicida, il marito non si chiede il motivo di quell'azione: lo sa già, e forse lo ha sempre saputo. Invoca le tre streghe che gli hanno predetto un così florido e idilliaco futuro, a causa delle quali esso è stato invece buio e terribile. E qui entra in scena il fattore più originale e riuscito della pellicola, ovvero l'accentuazione dell'orrore, già presente nel testo teatrale, fino quasi a sembrare un vero e proprio horror. Emblematico il prologo, nel quale le tre streghe si preparano a incontrare il protagonista e ne fanno una bambola che, come dimostra il finale, è vicinissima a quelle voodoo, e la visione del fantasma del re, scene supportate da movimenti di macchina volti a creare la più alta delle tensioni. Le urla delle streghe sono perforanti e lancinanti, e provengono dalla più totale oscurità dei loro volti mai mostrati, mentre salutano il futuro principe di Cawdor. Sequenza che potrebbe far parte del recente Le Streghe Di Salem per potenza e violenza, a causa della quale (nel finale la testa di Macbeth viene lanciata all'esercito vincitore, scena molto violenta per una pellicola del 1948) il film suscitò scalpore e fu ritirato dal Festival del cinema di Venezia, mentre a trionfare fu Laurence Olivier per il suo Amleto.
Un film "debordante per l'epoca", cosa che è riuscito a essere nonostante la penuria dei mezzi con i quali è stato realizzato: soli 27 giorni di riprese, in un teatro della Republic, con scenografie di cartone volutamente strane e stranianti (le camere da letto dei coniugi sono simili a delle grotte). Tutto ciò a dimostrazione della trascuratezza delle major nei confronti di un geniale regista che, nonostante tutto, riusciva lo stesso a realizzare capolavori (la falsità e l'incompletezza della scenografia si percepisce solo in poche sequenze o quando, sullo sfondo, si notano le ombre dei personaggi sul cielo) come questo eccentrico, ambizioso e barbaro adattamento del Bardo. La regia è, come sempre, perfetta (da notare l'infinito piano sequenza del dialogo tra Macbeth e Lady che precede e segue l'omicidio di Duncan), ma da lodare maggiormente è l'interpretazione di Welles, mai sopra le righe, proprio perché non ha paura di andarci, perfetto soprattutto nelle cadenze e nell'accento (scozzese, come nella versione originale recitano tutti gli attori che perciò vennero ridoppiati), oltre che nella mostruosa espressività.
L'opera teatrale originaria, come già detto, facendo impersonare ai due personaggi principale il male puro e assoluto distrutto da se stesso, è, in realtà, un dramma ottimista, in quanto esso viene annientato. Per Welles è diverso. Qui Macbeth si trasforma in un eroe tragico (mutazione analoga l'avrà il John Falstaff de Le Allegre Comari Di Windsor), vittima degli eventi e di un destino avverso controllato dalle tre streghe tramite la bambola... Ma nella realtà? Nella realtà Macbeth sarebbe stato dilaniato da una predizione falsa e avrebbe compiuto atti orribili nel nome di qualcosa di inventato e inesistente. La sua follia sarebbe stata indotta dal nulla. E' questo che Welles ci mostra: un Macbeth incapace di intendere e di volere a causa di un maleficio, quindi in extremis compatito. E le tre streghe osservano il loro terribile piano compiersi da lontano. Sono davvero là? Esistono davvero, ora che chiunque ci abbia parlato insieme è morto? Domande alle quali ognuno potrebbe dare una risposta diversa.
"Il maleficio è compiuto".
Brividi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta