Regia di Orson Welles vedi scheda film
Non è certo vero che un’opera d’arte, per valere, deva brillare per sfarzo e ricchezza di fattura. Questo film, nella sua sobria concisione, è tagliente come la spada dello stesso Macbeth. Un mosaico di luci ed ombre gigantesche, scolpite in un bianco-nero di straordinaria efficacia drammatica. La povertà dei mezzi è giustificata da una scenografia volutamente minimalista, che trova il suo punto di forza nelle inquadrature riprese dal basso. Il difetto - e non è poco - sta nell'ingombrante presenza del protagonista, col risultato di sovrastare completamente tutti gli altri personaggi. Durante l'evocazione delle streghe, per esempio, avrebbero dovuto vedersi le streghe, non il faccione di Welles. Anche Duncan e Banco avrebbero meritato maggiore attenzione, specie nella brutalità dei rispettivi omicidi. Intendiamoci: non è che la brutalità garantisca sempre l’efficacia di una tragedia. Ma nel caso di Macbeth essa è l’indispensabile ingrediente che occorre per toccare con mano il senso della perdizione di un’anima. Cosa che in questo film latita alquanto.
Medesima critica merita anche l’"Otello" dello stesso Welles (non recensito in questo sito), con una debole Desdemona ma con un ottimo Jago che riesce a bilanciare il protagonismo del moro. Musiche espressioniste, in cui non risulta alcuna traccia che poteva essere suggerita dall’Otello verdiano.
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