Regia di Michael Bay vedi scheda film
Continuano le fracassone avventure dello sboccato duo di poliziotti “coloured” in una Miami invasa dalle droghe sintetiche; il loro avversario, questa volta, è uno spietato trafficante di droga cubano, Johnny Tapia.
Tutto ciò che di piacevole c’era nel primo film della serie, primo lavoro del regista losangelino, viene qui vanificato da una regia ipertrofica, che satura ogni situazione con immagini laccate e velocissime, senza un attimo di pausa; Michael Bay, probabilmente, non sa gestire le cosiddette fasi preparatorie o “tempi morti” e quindi, in questa occasione, ha deciso di girare una sparatoria con inseguimenti lunga quasi due ore e mezza. Queste fasi, che dovrebbero essere preparatorie all’azione, presupporrebbero un certa capacità di scrittura dei dialoghi, capacità palesemente non nelle corde del regista e dei suoi collaboratori; esaurite le scurrilità e le battute sessiste, infatti, si vola molto basso. Il film è talmente indiavolato che, per assurdo, a volte appare statico e noioso. Non mancano alcuni momenti discreti, nel mezzo di cotanto caos, come il furibondo inseguimento iniziale o il già famoso “Reggie’s Moment”, ma per il resto ci viene comminato un profluvio di testosteroniche immagini patinate di pseudo “Seals” ipertatuati (anche un truce Henry Rollins) o di donne levigate in pose da settimanale di gossip. Poco del lavoro degli “attori” si salva in questo pasticcio, forse le poche sequenze con Joe Pantoliano, che non riescono comunque a sostenere la prova di uno svogliato Martin Lawrence o di un Will Smith poco convincente e modaiolo, oppure il piacere puramente estetico di rivedere la graziosa Gabrielle Union.
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