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The Blue Trail

Regia di Gabriel Mascaro vedi scheda film

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La recensione su The Blue Trail

di EightAndHalf
5 stelle

 

In Giappone Chie Hayakawa immaginava nel 2022 il piano 75, quello per cui gli anziani non potevano superare i 75 anni di età e venivano sottoposti a un’eutanasia forzata, per evitare l’eccessivo aumento dell’età media della società nipponica. Nel Brasile di O último azul i livelli non sono quelli, ma ci si vuole comunque liberare degli anziani, magari illudendoli che riceveranno trattamenti speciali e straordinari in una colonia, lontana dagli occhi di tutti - soprattutto dei figli “troppo impegnati”. Occhio non vede… Teca però, anche se ha 77 anni, non ci sta bene dentro questa gabbia, ha ancora energie, sa prendersi cura di se stessa, non ha bisogno del pannolone, ragiona come una ragazzina e ha sempre lavorato abbastanza da tenersi in forma. E se l’anagrafe non ti rappresenta, e non ti riconosci in quello che gli altri ritengono dovresti essere alla tua età, che puoi fare se non fuggire dallo status quo nella foresta amazzonica, e sfondare le sbarre di una prigione a cielo aperto in cui ogni movimento e ogni azione richiede l’autorizzazione di qualcuno (qui la figlia di Teca) che di te non sa davvero nulla? 

Gabriel Mascaro, che aveva fatto parlare di sé a Venezia 2015 per Neon Bull, gira un on the road senile con la foga gentile di un teen drama, ironizzando sugli stereotipi sull’età che avanza nella scenografia di un Brasile povero in cui chiunque, giovane o vecchio, vuole fuggire, che sia col gioco d’azzardo o che sia con la droga allucinogena ottenuta dalla bava di una lumaca, da assumere per via oculare come con un collirio (per “vedere tutto”). In un invito classico a un’eterna fuga, e a un eterno futuro senza limiti, O último azul è il feel good movie della Berlinale 75 (come il Plan, sì), così classico da mettere d’accordo tutti, così lineare e incoraggiante da contagiare il buon umore. Così accomodante, sciolto, che ti senti pure un po’ antipatico se te lo dimentichi domani ma tant’è. Il film esce già stampato col suo messaggio senza ballarci abbastanza attorno - come illudono i titoli di testa - ma volando sulle sue certezze come l’ultraleggero che nel film trasporta in giro per i cieli del paese la scritta “Il futuro è per tutti”. È il caso in cui essere essenziali non è il miglior pregio che offre la casa, forse perché il film illude che prima o poi Teca proverà quel collirio, vedrà qualcosa per farla vedere anche a noi, e invece rimaniamo intrappolati noi in un drone panoramico finale che tiene Teca al suo posto, lontana anche dai nostri occhi.

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