Regia di Ivan Fund vedi scheda film
Il cantico delle creature della Pampa Argentina è la flânerie di un furgoncino di venditori di poesie, haiku anti-psicologico sulle voci delle luci, del cielo e dei paesaggi. Anika sa parlare con gli animali (un’altra bambina telepatica dopo What Marielle Knows, qui alla Berlinale 75) e la nonna ne approfitta per lucrarci su, garantendo ai suoi clienti anche una sessione taumaturgica che risolva una solitudine altrimenti incurabile ai loro animali domestici, con una comunicazione altrimenti impossibile. Vien da sé che gli animali sono solo il riflesso di un’umanità vagante di dolci morti viventi, ma se una forza c’è in El Mensaje in Iván Fund (prodotto dal World Cinema Fund, pun totally intended) è che i momenti morti non sono fatti per prendere tempo, ma per trovare altri modi per parlare col mondo, e intercettare sempre nuove misure che calcolino i confini dell’eventuale naïveté che si accompagna a questa impresa.
Un’ingenuità infantile ma non stupida, anche perché c’è poco di infantile nella coscienza (espressa a chiare lettere dal film) che il tempo è un metro meramente umano, e che il vero terreno di gioco è lo spazio, e la trasmigrazione in uno spazio altro, attraverso il finestrino di un furgone che surfa su terre desolate e lande sconfinate, attraverso le note tenui di una tromba in leitmotiv, tramite un passero che porta messaggi da una parte all’altra di un continente, tramite la magia di un dente da latte che cade e che rimane magico anche se la Fatina dei Denti non esiste. Cinema delle piccole cose, aneddotico ma mai anemico.
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