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Arï

Regia di Léonor Serraille vedi scheda film

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La recensione su Arï

di EightAndHalf
7 stelle

 

Chi è Ari? Provate a rispondervi, ma interrogatevi anche sulla natura della domanda. Un’altra domanda, a monte, forse “teorica”, ma così sembra meno urgente quindi facciamo che forse è solo quella “giusta”: come si fa un ritratto al cinema? Forse come si fa un ritratto in generale sarebbe meglio, visto che Ari, durante il film, si ferma di fronte al ritratto, stavolta dipinto, di un uomo dormiente in un museo in cui torna ossessivamente. C’è un uomo, nel dipinto, che pare dormire su una poltrona. Accanto a lui, un misterioso oggetto rosso: un fiore? Un pezzo di carne? Il suo cuore? Il suo amico gli dice che ci sono altri dipinti dell’autore nella sala adiacente del museo ma ad Ari non pare importare granché. Il guardiano che trova Ari fermo da due ore davanti al dipinto pare sdrammatizzare i pensieri di Ari, ma ad Ari non pare interessare nemmeno quel dialogo. Un oggetto rosso, un uomo che dorme, e basta. Che forse un ritratto si faccia tramite gli oggetti? O con le persone che il soggetto del ritratto si limitano a circondarlo? 

Noi siamo chi e cosa ci circonda, e quindi Ari di Léonor Serraille è un ritratto delegato a ciò che sta fuori da Ari, a partire dal suo corpo fino ai suoi amici per approdare ai suoi drammi. 88 minuti di ciò che sta fuori per un’oncia di ciò che forse sta dentro: senza psicologismi, drenando le narrative più esplicative (una relazione del passato, un figlio mai avuto e abortito dalla compagna), senza scorciatoie. Serraille e la sua montatrice Clémence Carré tengono assieme un materiale umano che esonda da ogni dove restituendolo compatto e robusto, producendo la parabola dolce di un quasi trentenne (bianco, etero, cis) che parrebbe sovrarappresentato nel cinema contemporaneo ma ci appare invece inedito e devoto a un’insolita sensibilità. E da pochi elementi, da alcuni dialoghi, da alcune deviazioni oniriche (poche), da qualche nota di chitarra in colonna sonora, da una regia vicinissima a mano ma paradossalmente leggera, Ari esplode una grande e infrequente generosità, che impacchetta il caos di un uomo senza tagliarne le estremità meno disorientanti, gemma imperfetta da smussare, un piccolo mondo quasi da viverci attraverso.

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