Regia di Joel Schumacher vedi scheda film
Come rovinare un potenziale buon soggetto con una messa in scena enfatica e rozza, in purissimo stile Bruckheimer, che infatti produce. Joel Scumacher si conferma svogliato mestierante, mero esecutore di volontà altrui (appunto Bruckheimer), come già era accaduto nella loro precedente collaborazione, il modesto "Bad company - Protocollo Praga" con Anthony Hopkins. Ispirato alla vera storia di Veronica Guerin (1959 - 1996), celebre giornalista irlandese, pervicace e ostinata, impegnata in pericolose indagini sui signori della droga che con i loro mercati e traffici stavano devastando l'Irlanda, e per questo brutalmente uccisa, il film si rivela fin da subito una biografia convenzionale e poco ispirata. Si parte, al solito, dall'omicidio di Veronica, quindi si torna indietro per seguire gli ultimi due anni della protagonista, quelli in cui, a causa della sua cocciutaggine ed incoscienza, e nonostante i ripetuti avvertimenti ricevuti (prima le viene recapitato un proiettile in casa, quindi viene gambizzata, poi subisce un violento pestaggio, infine una minacciosa telefonata), ha firmato la sua condanna a morte. Dopo una sequenza che si vorrebbe probabilmente alla Ken Loach (un quartiere popolare di Dublino con siringhe sparse per strada e bambini che ci giocano sui marciapiedi) ma che risulta inutilmente dimostrativa, il film mostra la sua becera e reale natura di action risaputo con una brutale resa dei conti tra criminali, lasciata però fuori campo. Dopo di che si assiste al consueto campionario di ridicoli cattivi da fumetto (il boss John Gilligan racchiude tutti i più biechi luoghi comuni sui trafficanti di droga, compresa la sequenza in cui, mentre i suoi scagnozzi eseguono i suoi sporchi ordini, si diverte tra alcool, donne e danze scatenate), sviluppi narrativi sopra le righe, a causa di una fiacca e prevedibile sceneggiatura firmata da Carol Doyle ("Washington Square") e Mary Agnes Donoghue ("White Oleander"), gonfia retorica (tutta la patetica sequenza finale del funerale). Si può anche credere alla veridicità dei fatti raccontati (di sicuro c'è comunque qualche manipolazione spettacolare) ma è il modo pleonastico e ridondante in cui sono raccontati a lasciare perplessi (ridicola per esempio la scena in cui la volgare moglie del boss, in tribunale dopo il rinvio dell'udienza, si rivolge con fare sprezzante a Veronica, dicendole "Tra noi non finisce qui, signora!"). Basterebbe la sequenza dell'attentato che la protagonista subisce in casa, alternata alla festa di Natale in cui tutta la sua famiglia si ritrova felice, per evidenziare l'ovvietà della regia di Scumacher. Per fortuna che c'è lei, la magnifica Cate Blanchett (nomination quale migliore attrice drammatica ai Golden Globes, battuta dalla "monster" Charlize Theron), capace di dare una travolgente carica emotiva e una vivida, sincera passione al bel personaggio di Veronica, donna che ha sacrificato molto, forse tutto, del suo privato (emblematica la sequenza in cui il figlio le mostra un regalo ricevuto per il compleanno, lei chiede chi glielo ha fatto e il bimbo risponde che è da parte di mamma e papà) per portare avanti il suo sporco lavoro. Una espressione del volto di Cate è sufficiente per dare senso ad un film altrimenti troppo scolastico e stereotipato. Non è un caso se la scena più bella e intensa è lo scambio di sguardi tra madre (la bravissima e un po’ sprecata Brenda Fricker, già premio Oscar per "Il mio piede sinistro") e figlia, alla festa di compleanno del piccolo di Veronica. Nessuna parola, solo due donne che si guardano negli occhi ed esprimono, con sorrisi di complicità e tenerezza, tutto il loro reciproco affetto. Peccato che siano solo pochi secondi in un film che dura un'ora e mezza, mai noiosa certo, ma anche senza veri sussulti se non sulle note della splendida e toccante ballata "One more day" cantata da Sinead O'Connor, purtroppo banalizzata dalle scontate e lacrimevoli immagini su cui scorre. Meccanico, telefonato, insipido come gran parte dei film di Schumacher. Il personaggio della protagonista ha ispirato nel 2000 anche l'inedito in Italia "When the sky falls" di John MacKenzie con Joan Allen e Patrick Bergin. Piccolissima partecipazione per Colin Farrell, già con Schumacher in "Tigerland" e "In linea con l'assassino". Nella sequenza in cui il suo personaggio, un ragazzo tatuato con birra in mano, guarda per strada alla tv una partita di calcio, Veronica, grande appassionata di quello sport, gli si avvicina dicendogli di avere una volta incontrato il celebre giocatore Eric Cantona che si vede sugli schermi. In effetti Cate Blanchett e Eric Cantona hanno lavorato insieme in "Elizabeth". Uno dei personaggi del film è ispirato al vero gangster irlandese Martin Cahill, già al centro di "The general" di John Boorman, purtroppo inedito in Italia, ma anche di "Un perfetto criminale" con Kevin Spacey. In un film di forte matrice irlandese non poteva infine mancare una canzone del gruppo irlandese più celebre, gli U2, nella simpatica sequenza, fortemente voluta dalla protagonista, in cui Veronica, marito e figlio ballano scatenati sulle note di "Everlasting love". Fragoroso flop al botteghino.
Voto: 6
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta