Regia di Philipp Döring vedi scheda film
È un documentario, dura 4 ore, è ambientato tutto dentro un reparto ospedaliero berlinese per la cura palliativa, non ha musiche né voce fuoricampo. Suona un campanello? Suona ma converrebbe spegnerlo: Frederick Wiseman è per Philipp Döning un modello puramente formale. Nonostante l’unità di luogo, il punto di Palliativstation non è la macchina istituzionale a lavoro, bensì la storia dei pazienti, le cure che devono fare, le difficoltà che incontrano e l’alternanza di tenacia e resa nel loro modo di affrontare malattie spessissimo debilitanti, spesso letali.
Non è dunque una prona emulazione del grande regista americano che, proprio pochi giorni prima della Berlinale 75 (in cui Palliativstation è presentato, sezione Forum), ha annunciato di non essere più in grado fisicamente di realizzare nuovi documentari. Döning non ne prende il testimone, ed è una fortuna.
In compenso, se è vero che visivamente alcuni tratti sono wisemaniani (il montaggio sottile, il silenzio della camera, alcuni establishing shot di quieta transizione da cinema della trascendenza), è anche vero che la distanza fisica dai pazienti spinge a più di una domanda. Il senso di immobilismo dei pianisequenza di Döning evocano sempre la presenza dell’operatore, invadente volume nello spazio, anche e soprattutto perché il materiale è stato raccolto in una sola estate e quindi non può essere il risultato di un più lungo processo di immersione camaleontica della crew nel luogo. Ne deriva una sequenza compilativa di ritratti, a volte divertenti, a volte commoventi, a volte sprecati in un minutaggio insufficiente, o in un montaggio meccanico.
Palliativstation è una piccola impresa ma non tiene conto del prodotto finale, e seppur si affronti con agilità, nonostante la stazza pachidermica, è informe e “disordinato”, con una filosofia generica di messa in scena che non trova (o non ha il tempo di trovare) i momenti più giusti per raccontare davvero qualcosa di strutturale fuori dalle (anche tenerissime) contingenze dei suoi esseri umani.
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