Regia di Silvio Soldini vedi scheda film
Le assaggiatrici (2025): locandina
Da un best seller di Rosella Postorino ispirato alla vera storia di Margot Wölk, un film di donne intrappolate nella macchina perversa del Terzo Reich. Sette donne ariane, nulla da eccepire, ma il destino le aveva fatte nascere in uno sperduto paesino della Prussia orientale ai confini con la Polonia dove Hitler, nel ‘40, fece costruire la sua tana prediletta, un avamposto super accessoriato protetto da una foresta di alberi secolari da cui, era certo, avrebbe spiccato il volo verso l’impero del male, una volta data a Stalin la lezione che meritava.
Peccato però che tra il dire e il fare…ecc.
Altre tane sparse qua e là sul territorio non ebbero lo stesso carisma, qui, nella tana del lupo il nostro pittore fallito trovava quella pace e quel silenzio che lo preparavano a diventare il capo dell’orbe terraqueo.
Poco importavano i costi esorbitanti e i devotissimi militari, ufficiali e bassa forza, che, benché pronti a scattare come marionette, sopportavano tutto in nome di un claustrofobico senso del dovere, chiusi come il loro Führer, ma non altrettanto felici, in una forzata segregazione.
Ma, c’era un ma.
Bisognava nutrire lo stomaco di Sua Eccellenza con manicaretti a prova di veleno.
La perfida Albione non avrebbe esitato a mettere nel cibo stricnina o arsenico per liquidare la faccenda con abili infiltrati, dunque bisognava fare attenzione.
Lo chef era bravo, ma bisognava assaggiare i piatti prima di servire pranzo e cena.
C’è chi ricorre al gatto, povera bestiola, e chi preferisce le donne.
E ai gusti non si comanda.
Non sappiamo quante ne rimasero secche in quattro anni, la storia ufficiale sorvola su tali inezie, storie di piccole donne senza qualità.
Nel film sono sette, tutte requisite nelle povere case del borgo ai margini della foresta dove si faceva la fame.
Sedute a tavola, controllate da soldati, di fronte alle succulente pietanze vissero l’esperienza surreale di chi appaga pancia e gusto sapendo che può morire da un momento all’altro.
Mancava alla nostra conoscenza questo espediente della ricca casistica di torture in cui il Terzo Reich si distinse per tutto il tempo. Ora c’è, ma solo da poco.
Per tanti anni nulla trapelò di questo singolare posto di lavoro regolarmente retribuito fino ad eventuale decesso, ma prima di morire alla bella età di 95 anni l’ultima sopravvissuta, Margot Wölk, raccontò tutto nelle sue memorie.
Rosella ne raccolse la testimonianza e scrisse un libro, Soldini s’ispirò a Rosella e giró un film.
Buoni gli attori, la Rosa Sauer protagonista (Elisa Schlott) in particolare, ottima la fotografia, grigia, plumbea come ci aspettiamo siano stati quei posti adatti allo svolazzare notturno di pipistrelli, meno solida la sceneggiatura che manca di chiarezza in alcuni snodi e con qualche decina di minuti in meno avrebbe favorito alla grande quel processo mimetico a cui lo spettatore non ama per nessuna ragione sottrarsi.
Come quasi sempre da film che pescano in quella storia maledetta, si esce sconvolti, angosciati, facendosi la solita domanda senza risposta “ Com’ è potuto accadere?”.
Ma questo non è il solito film su fatti e misfatti di vittime e carnefici su sfondo storico accreditato, la sorte di queste donne usate come cavie non ci stupisce, piuttosto Le assaggiatrici intona l’ennesima malinconica sinfonia sul posto della donna nella società degli uomini.
Posto inesistente, se nemmeno la ricerca storica si è mai fatta carico di raccontarci il loro triste destino.
Bisognava che un romanzo e un film facessero da rompighiaccio, e dunque all’acribia dello storiografo si sostituisse la fantasia del poeta, la penna dello scrittore, la macchina da presa di un regista , ali di chi vola e non striscia solo per terra.
Ecco perché siamo disposti ad accettare qualche licenza poetica, qualche incongruenza su come e perché succeda qualcosa, sull’inserimento di un risvolto sessual-sentimentale che sarebbe stato fuori luogo in severi Annali da biblioteca.
Le assaggiatrici (2025): Elisa Schlott, Max Riemelt
L’amore, o qualcosa di simile, può anche trovare cittadinanza nella tana del lupo, l’homo sum di terenziana memoria non va dimenticato e l’eterna capacità di essere solidali e resistenti che delle donne è il marchio di fabbrica risalta come sempre nei film di Soldini.
Forse Le assaggiatrici non è il suo miglior film, ma certo ci commuove e ci fa pensare, non sperare, no, quel finale aperto non prelude a nulla di buono, il treno porterà finalmente Rosa a Berlino, ma a quale Berlino?
E' il1945, Hitler è morto.
www.paoladigiuseppe.it
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