Regia di Tonino Zingardi vedi scheda film
Se Fabrizio Bentivoglio, in Un’anima divisa in due (forse il miglior Soldini), riscatta la propria grigia esistenza milanese grazie a una rom con la quale decide di scappar via, la sua compagna di molte primavere, Valeria Golino, gli risponde dieci anni dopo prendendosi e portandosi via da sola. Usando come sponda, materiale e spirituale, un accampamento di zingari che, stando ai vicini di casa, deturpano il già degradato quartiere romano dove si svolge la triste vicenda. Il riferimento all’autore milanese di Le acrobate (dove la Golino giganteggiava, mentre qui - malgrado il premio conseguito a Viareggio - gigioneggia con scaltro mestiere) non è casuale, perché Zangardi sventaglia spesso la cinepresa su case, cose, chiese e persone, senza scavare in profondità e senza quello sguardo altro necessario che evita di non (s)cadere nella demagogia. Una brutta sceneggiatura, zeppa di stereotipi (la storia dei due ragazzini è insopportabile) e di caratteri tagliati con l’accetta.
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