Regia di Giuliano Montaldo vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2017 - RESTAURI - GIULIANO MONTALDO
La tragica vicenda giudiziaria che coinvolse ingiustamente due umili immigrati italiani, un calzolaio e un pescivendolo, ovvero Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, accusati di essere i mandanti e gli esecutori di una sanguinosa rapina a mano armata in cui, nel 1920, persero la vita due dipendenti di un opificio, viene rivissuta, per la regia spigliata ed eloquente di Giuliano Montaldo e della sua troupe, che ricostruisce in Cinecittà interi quartieri cittadini, tra gli spazi aperti e quelli chiusi di un aula di tribunale – come una vera e propria passione, laica, ma di effetto – umano e tragico - non molto dissimile a quella posta al centro del credo religioso cristiano e cattolico.
Il “peccato” di Sacco e Vanzetti, timido e propenso allo sconforto il primo, valoroso e fiero, oltre che dotato di una buona dialettica il secondo, era quello di essere stati ufficialmente bollati come “anarchici”, e dunque come nemici del sistema e della democrazia.
In un crescendo di tensione, il regista segue tutto il travagliato iter processuale, in cui si susseguirono le collaborazioni di due validi e tenaci avvocati, tanto animato da passione manifesta e senza mezze misure il primo (lo interpreta un ottimo Milo O’Shea dal sopracciglio foltissimo, quasi animalesco), quanto un secondo più pacato, più ragionevole, ma non meno convinto dell’innocenza dei suoi clienti.
Nonostante la mancanza di prove, la vergognosa deposizione di falsi testimoni pagati dal clan che sosteneva i veri colpevoli per dare contro al movimento anarchico, che in quegli anni spaventava specialmente il partito più conservatore, nonostante l’ammissione di colpa di uno dei veri responsabili, Sacco e Vanzetti pagarono col martirio la loro convinzione politica considerata nemica delle libertà e dei principi che reggevano l’essere americani e il sentirsi realizzati, in una società ove il marcio e la combutta vigevano sovrani e impuniti.
Eccezionali nel dare animo, corpo e voce ad entrambi i protagonisti, due persone completamente differenti per indole e carattere, Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla (premiato per questa sua interpretazione sia al 24° Festival di Cannes, sia ai Nastri D’Argento) sono perfetti ad incarnare i loro eterogenei personaggi, che affrontano l’uno con rassegnata arrendevolezza, l’altro con valorosa fierezza, ma entrambi con umana e distaccata dignità sino alla fine, una sentenza a lungo rimandata, ma mai evitata, nemmeno quando palesemente riconosciuta distorta e lontana dalla verità dei fatti.
Nel cast pure la giovanissima cantante Rosanna Fratello, che interpreta la moglie di Sacco, e che per l’interpretazione fu premiata come migliore attrice esordiente ai Nastri d’Argento edizione 1971.
Avvalendosi di una splendida fotografia, e di sontuose scenografie ricostruite nei minimi dettagli e con gran realismo negli studi di Cinecittà, Sacco e Vanzetti rappresenta l’apice, per risultato e lucidità di messaggio, del cinema di denuncia di Giuliano Montaldo, da sempre cineasta impegnato ma pure diviso tra l’impegno socio-politico, la passione per l’adattamento da opere letterarie anche di spicco, e la pura cinefilia.
Anche grazie all’afflato coinvolgente e serrato di questo film, la posizione dei due immigrati italiani fu definitivamente, seppur tardivamente riabilitata nel 1977 dall’allora Governatore del Massachussetts Michael Dukakis. Alla cerimonia, tra gli ospiti d’onore, partecipò di diritto lo stesso Montaldo.
Struggente grido di dolore che è molto più di un refrain, "La ballata di Sacco e Vanzetti" cantata, anzi, interpretata da Joan Baetz, pure autrice del testo, su note di Ennio Morricone, è un ulteriore motivo di attaccamento a questo film importante che resta nel cuore.
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