Regia di Jesse Dylan vedi scheda film
Piccoli porcelloni crescono. E si sposano. Per amore. E sono tanto innamorati della loro promessa che sono disposti a tutto pur di regalarle nozze perfette, da sogno, o da rivista patinata, con damigelle vaporose, testimoni inamidati, parenti schierati, anello scintillante. Come si ottiene la perfezione di un “american wedding”, della giornata ideale di un’intera vita, quando a organizzarla c’è la banda balorda di American Pie? Ci si arriva attraverso una valanga di incontri, collisioni, equivoci, maldestrezze, devastazioni, ingenuità, schifezze assortite, con l’aiuto di un macho gay a chiappe nude, di una nonna bisbetica ma “disponibile”, di due call girls sado-maso e due cagnetti voraci, tutti orchestrati, più o meno consapevolmente, da Steve Stifler (il più sbracato e assatanato della banda, che domina questo terzo episodio). Con la titubante, bonaria supervisione del padre di Jim, che come sempre tenta di spiegare al figlio e alla sposina i misteri della natura, api, fiori e farfalle, e con la consueta ”benedizione“ finale della mamma di Stifler, che di questi ”misteri“ è maestra. Caso rarissimo di una serie in crescita, American Pie mette a segno con Il matrimonio il suo episodio migliore: sceneggiatura pensata (e non giusto una rimasticatura delle puntate precedenti), buoni tempi comici nella regia (per tutte valga la scena, difficile, dell’addio al celibato) e nella recitazione (i ragazzi hanno alle spalle esperienze teatrali e televisive quasi ventennali), cattiveria irridente e dilagante. Tutto finisce in gloria, ma è solo la superficie patinata, dietro la quale il mondo si è sbriciolato in uno sberleffo trash.
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