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Mio cognato

Regia di Alessandro Piva vedi scheda film

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La recensione su Mio cognato

di Furetto60
7 stelle

Tra commedia e dramma.Ottima prova di Rubini e Lo Cascio

Due cognati, Toni alias Sergio Rubini, piccolo imprenditore malandrino, che sguazza nel sottobosco criminale di Bari, e Vito alias Luigi lo Cascio, ingenuo trent’enne impiegatuccio impacciato e goffo, per mala sorte si ritrovano a vagabondare a bordo della fiammeggiante decappottabile rossa, di Toni, per tutta la notte attraverso le vie della città, alla ricerca dell’auto che hanno rubato a Vito, durante la cerimonia di battesimo del nipotino, figlio di Toni. Ma si capisce subito che il furto dell’auto ha ben altro significato, che appropriarsi della vettura, in sostanza si intuisce che è un avvertimento per Toni, che come dice lui in un raro momento di sincerità, sta provando a cambiare amici, in sostanza si sta alleando con un altro “capo-bastone” rivale. Bari è una fantastica protagonista, non quella turistica bensì quella autentica dei quartieri meno raccomandabili che è, la parte di Bari più interessante e viva, sotterranea, misteriosa e a tratti surreale, abitata da personaggi stravaganti e inquietanti, insomma la Bari “vecchia” esaltata, da una sontuosa fotografia, per lo più notturna, che evidenzia le figure dei due protagonisti tra le luci dei vicoli, dei ristoranti e delle luminarie. In questo contesto, si muovono i due protagonisti. Da una parte Toni smargiasso e superficiale, titolare di un’agenzia di assicurazioni, che pratica con disinvoltura le cosiddette “trastole” ovverossia piccole truffe automobilistiche, rispettato nell’ambiente della piccola malavita locale e chiamato “il professore” perché possiede addirittura la licenza media, dall’altra Vito, ingenuo e “puro”  assolutamente avulso da quell’ambiente. Due persone quindi, caratterialmente opposte, ma costretti perlomeno per una notte a stare insieme. Il linguaggio è sostanziale e strumentale allo sviluppo della storia: da una parte sentiamo lo stretto dialetto di Tony e dei suoi compari, dall’altro quell’italiano fuori posto di Vito che non fa che amplificare la sua estraneità a quell’ambiente. Il film è un incrocio di due stili: quello leggero della commedia e quello più brutale del pericoloso girovagare in macchina tra piccoli delinquenti e boss di mezza tacca ed è un perfetto mix di suggestivi passaggi onirici alternati a quelli ironici. I due bravissimi attori protagonisti,  con le loro eccellenti caratterizzazioni, reggono magnificamente il film.
I
l senso di “Mio cognato” di Alessandro Piva è già brillantemente anticipato dalla locandina del film che, simbolicamente, ci lascia vedere Toni e Vito, i due parenti acquisiti, che mal si sopportano, ma che sono i protagonisti dell’intera vicenda, seduti stancamente su una panchina d’ospedale, accanto ad un misterioso limone. Toni è vestito con un completo senape sgargiante e fuori misura, come il suo modo di essere e di agire, Vito si racconta, attraverso la rigidità della sua postura, accentuata dal collare ortopedico, l’immagine lascia già presagire, l’incontro-scontro tra due personalità antitetiche e due mondi agli antipodi.
Per buona parte
del film, in un universo trash, Vito Quaranta si muove in affanno,come imbarazzante zavorra, a traino del cognato e incapace di capire ciò che succede intorno. La sua discesa agli inferi, alla ricerca della propria auto rubata, con il luciferino Toni, avviene in una Bari chiassosa e colorata, dalle tinte forti, abitata da una folcloristica fauna umana. In una siffatta cornice, Vito è assolutamente fuori luogo: non a caso gli viene chiesto, in continuazione, se non sia di Bari. Tuttavia, dopo tanti incontri, e vicissitudini, anche il timido Vito sembra cambiato e pronto a farsi conquistare dal fascino perverso del caotico, violento, imprevedibile e cialtronesco Toni e dal suo mondo popolato da personaggi come Sandokan, Saddam, Marlon Brando: all’ alba del nuovo giorno, i due sembrano aver trovato la giusta sintonia e proprio allora giunge il tragico colpo di scena, peraltro prevedibile, per chi ha letto bene tra le righe della trama. Una morale amara per un film più drammatico che divertente. Anche i comprimari e i vari caratteristi sono perfettamente in parte. Da vedere

 

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