Regia di Vittorio De Seta vedi scheda film
Un maestro volenteroso alle prese con un classe di bambini difficili, alla periferia di Roma. Giorno dopo giorno, mette a punto un nuovo e più efficace metodo d'insegnamento.
Sicuramente notevole ho trovato questo film a metà tra la finzione e il documentario, tratto da un vero diario di un vero maestro, che ho visto nella versione integrale di 3 ore e 25. De Seta trova questo difficile equilibrio e gira un film intelligente, che non può non far riflettere (specialmente gli insegnanti) e suscitare dibattiti.
La trama e il discorso che la pellicola porta avanti prendono le mosse da alcuni presupposti e le conseguenti domande, soprattutto la seguente: la scuola nozionistica e staccata dalla realtà non va bene; come dunque renderla interessante e concreta, e come quindi coinvolgere e interessare gli alunni? Come far sì che non studino poco e controvoglia? Il maestro in questione ci arriva a poco a poco, correggendo il tiro via via, mosso dall'impulso di rendere efficace il suo insegnamento. Fondamentale in questo percorso è appunto la voglia di migliorarsi e di dare qualcosa ai suoi bambini, e far sì che l'istruzione sia loro veramente utile per la vita. Questo mentre i suoi colleghi trascinano stancamente la carretta giorno dopo giorno, senza preoccuparsi troppo dei risultati, e sostanzialmente facendo il minimo a cui sono tenuti. Ebbene, svolgendo in classe argomenti concreti e riguardanti la vita quotidiana dei bambini, egli ottiene anche il loro interesse e la loro partecipazione.
Un'altra giusta preoccupazione del maestro è recuperare quelli che hanno lasciato la scuola: per questo non scrive fredde lettere su carta intestata, ma va a trovare i bambini nelle loro case, conoscendo anche i loro familiari. Quello che la burocrazia non ha ottenuto, lo può il contatto umano diretto, e i bambini infatti tornano a scuola. I problemi in generale non mancano, ma l'approccio è molto diverso, non tecnico e istituzionale ma umano, e molti si risolvono proprio grazie a questo.
Essendo stato anch'io del settore, e dando ancora lezioni private, non ho potuto evitare di confrontarmi con gli argomenti del film, e con il messaggio che cerca di dare. Lo condivido in gran parte, e ancor di più l'anelito del maestro a migliorarsi. Io aggiungerei che, se è sicuramente auspicabile che gli argomenti risultino interessanti per gli alunni, non è possibile che lo siano tutti e immediatamente. L'insegnante deve fare il possibile per renderli tali, ma a volte deve sopportare una momentanea freddezza, nell'attesa che sorga l'interesse, magari più in là nello sviluppo umano e psicologico degli alunni. E' inevitabile per loro, almeno certe volte, fare fatica e sforzarsi di imaparare un argomento che non va a genio; anche questo è positivo e sviluppa le loro capacità.
La pellicola abozza anche un discorso di rinuncia all'autorità da parte del maestro, che sul momento potrebbe portare alla mente certi slogan anarchici, secondo i quali l'insegnante dovrebbe essere un coordinatore, ed aiutare gli studenti ad imparare ed organizzarsi da sé. Secondo me la non-autorità del maestro è praticata, ma solo se intendiamo per autorità "autoritarismo", cioè la fredda imposizione dall'alto, da parte di chi non si preoccupa di instaurare un rapporto con chi sta sotto. Infatti, forse al di là delle intenzioni del regista, nel film si vede come il maestro - e giustamente - eserciti la sua autorità e il suo ruolo di insegnante e di guida nei confronti dei bambini, i quali hanno appunto bisogno di questa figura. Solo che lo fa in modo intelligente ed empatico. La sua autorità diventa cioè autorevolezza, ed è ancora più apprezzabile quando insegna ai bambini cose dalle quali la nostra scuola ha abdicato da tempo, e spesso anche i genitori, come il discorso che non si deve rubare. Il risultato è che bambini e ragazzi oggi rubano con estrema facilità.
Bruno Cirino è così calato nel ruolo che sembra un vero maestro, e i bambini sembrano veri alunni perché lo sono veramente. La pellicola nell'insieme ha un'impostazione molto sincera e veritiera, concreta e incisiva, e sa evitare i toni didascalici e teorici. In altre parole, sembra di assistere a vere lezioni di un vero maestro. Molto bella e indovinata ho trovato anche la colonna sonora.
Una volta vidi un melodramma anni '50 diretto appunto da de Seta, ma lo trovai un polpettone, e ho visto pure altre cosette mediocri che ha diretto. Con questo "Diario" girò praticamente un capolavoro; evidentemente questo era il suo terreno e la sua vocazione, mentre non lo era il cinema recitato, di finzione.
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