Regia di Guy Debord vedi scheda film
Trasposizione cinematografica delle tesi contenute nel libro omonimo di Debord.
La società dello spettacolo, ovverosia dell'immagine preponderante su tutto, della merce resa appetibile, desiderabile, necessaria; della produzione massiva per scopi non solo economici, ma anche politici e (perchè no?) estetici: tutto quello che Guy Debord dice in questo film, un montaggio di scene (disparate) d'archivio corredate da sequenze tratte da vecchie pellicole, è la trasposizione cinematografica tramite voce off di quanto il filosofo francese sosteneva nel suo omonimo libro, uscito sei anni prima (1967). Sostanzialmente trattasi di una lunga conferenza, nè più e nè meno; una lezione di sociologia politico-economica dalle basi prepotentemente marxiste della durata di un'ora e mezza, in bianco e nero, con immagini non sempre convincentemente a tema con il testo parlato. Ciò che Debord ci dice ha una valenza oggi più che mai profetica, al netto delle speculazioni prettamente ideologiche, prese di sana pianta da Marx e chi per lui; la società disperatamente consumista che lo scrittore francese descrive è, sì, quella neonata negli anni Sessanta, ma anche quella destinata a confermarsi nei decenni successivi esacerbando certe componenti qui ben puntualizzate (vedasi per esempio il culto dell'immagine in rapporto alla creazione e allo sviluppo di internet, un quarto di secolo più tardi - e oltre - rispetto all'uscita del film). Certo, i toni aulici di Debord possono risultare spesso ostici e rendere oltremodo complicata la fruizione del suo discorso, ma La società dello spettacolo rimane comunque un interessante tentativo di cinema divulgativo, indubbiamente superiore negli esiti a gran parte della produzione coeva di Godard, l'autore al cui stile maggiormente il Debord regista si richiama. 4/10.
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