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Berlin Alexanderplatz (primo episodio)

Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film

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La recensione su Berlin Alexanderplatz (primo episodio)

di kubritch
8 stelle

Si finisce per affezionarsi a quest'uomo qualunque che affronta la vita come un bambino, eppure capace di involontari motti profetici, nonostate, i crimini commessi. Dopo aver scontato il carcere per omicidio, si impone di essere onesto e, così facendo, osa giudicare l'umanità, l'essere delle cose, e, dunque - sembra dirci Fassbinder - merita la sua crocifissione (connessa all'esplosione sullo sfondo della bomba atomica), a cui segue sempre una rinascita. Reinhardt è una sorta di angelo castigatore, in un'immagine appare con la corona spinata di cristo. E', comunque, un uomo sofferente. Come se fosse stato mandato da dio a punire la presunzione di superiorità e spingere l'amico Franz a diventare un uomo autentico. L'ignoranza non è benedetta, si potrebbe dire; oppure, non v'è innocenza nell'indifferenza dell'uomo comune contemporaneo che ha bisogno di fare esperienza di una catastrofe catartica per rinascere - sono d'accordo. Non c'è altro modo. Avrei bisogno, però, per quanto possa valere, di una  seconda visione per apprezzare, almeno nell'epilogo, tutti i suoi dettagli visuali. Mi sono venute in mente le parole di un documentario fatto da Zurlini sull'opera di Burri, visionato nello stesso giorno, in cui si spiega che la sua arte rifiuta qualsiasi interpretazione in termini di significato. Il film finale è un flusso di coscienza in immagini. In certi momenti,  ho avuto la sensazione di sfiorare l'angoscia esistenziale di Fassbinder. Per quel poco che so, siamo dalle parti di Brecht: spronare una partecipazione attiva da parte dello spettatore. Il tutto è detto con una fotografia e una scenografia che denunciano l'artificio narrativo ed il filtro soggettivo - quella che chiamo onestà estetica perchè leale nei confronti del suo pubblico. Nel commento musicale spunta una canzone struggente di Modugno - chissà se la scelta è stata fatta direttamente da Fassbinder? Segno di grande sensibilità e cultura -, 'Amara terra mia' penso sia il titolo, una delle canzone più malinconiche mai scritte. Comunque, penso che sia, più che altro, una rappresentazione ad uso dei tedeschi, che come italiani possiamo solo intuire. Nel frattempo loro, storto o morto, sono riusciti ad uscire dall'incubo, noi non ci proviamo ogni volta senza mai riuscirci, anzi peggiorando. C'è una forte resistenza a guardarsi in faccia per quello che si è. Le nostre relazioni restano quelle tra persone micragnose - come nel periodo storico descritto nel film - che si arrabattano come possono, fuori da ogni visione legale o morale ridotta a puro fenomeno apparente. Più è marcia l'anima, più bella deve essere la sua veste. Lo sforzo creativo degli italiani è riversato tutto nell'aspetto esteriore. Per questo abbiamo i migliori stilisti al mondo: per coprire la decomposizione... ma di dentro.

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