Regia di Juan Bosch vedi scheda film
Produzione italo-spagnola che avrebbe dovuto porsi sulla linea dei giallo post Dario Argento dei primi anni Settanta. Dirige con estrema superficialità Juan Bosch, cineasta poco convincente e fuori tema nel tentativo di recuperare una sceneggiatura inutilmente intricata smorzando i toni in stile commedia. Un film che sembra non finire mai.
Londra. La disegnatrice Darin (Gillian Hills) si trova al centro di una strana serie di eventi: il suo ragazzo Michael, un giornalista, dovrebbe essere da oltre quattro mesi in Vietnam per un reportage, ma è certa di averlo visto in macchina per le vie della città; per necessità economiche ha affittato l'attico a John Kirk Lawford, un personaggio (Bruno Corazzari) che si presenta con una valigia piena di 500.000 dollari, per poi più tardi gettarsi dalla finestra. Le cose peggiorano quando il giorno seguente, mentre la polizia sta perquisendo l'abitazione, alla porta suona il vero John Kirk Lawford (Ángel del Pozo).
Co-produzione tra Italia e Spagna - con interni girati negli studi Elios di Roma e in quelli Balcazar di Barcellona ed esterni parzialmente effettuati a Londra - basata interamente sul poco avvincente romanzo "Juan a las ocho, Pablo a las diez" della scrittrice Luisa Maria Linares [1]. Le calde labbra del carnefice sembra porsi stilisticamente a metà tra la corrente gialla avviata dalla trilogia di Dario Argento e i complotti condominiali alla Rosemary's baby. In maggior parte opera iberica, soddisfa la minima quota italiana con la partecipazione di alcuni caratteristi, per la colonna sonora (estremamente fiacca) di Marcello Giombini e grazie al contributo ai dialoghi di Renato Izzo. Purtroppo il farraginoso testo di partenza non contribuisce a rendere interessante il film, peraltro girato con pilota automatico dal poco coinvolto cineasta Juan Bosch [2] che, per l'occasione, sfoggia il suo estro ironico inserendo siparietti comici del tutto inadatti: dal portiere di condominio in continuo battibecco con la moglie (si prende anche un coniglio scuoiato in faccia, al posto d'una torta) al bizzarro vicino omosessuale (Carlos Otero), musicista svanito che ossessiona e tormenta con il banjo il suo stupido gatto.
Forse incerto tra una commedia con Carmen Villani e un thriller à la Dario Argento (che omaggia nell'incidente in metropolitana, rifacendo analoga sequenza del treno presente ne Il gatto a nove code), Bosch non riesce a strappare un sorriso e, men che meno, provoca un minimo brivido. Per nulla thriller, giallo deludente (con twist finale estremamente prosaico, alla Luciano Ercoli de La morte accarezza a mezzanotte) e dal ritmo ingessato, Le calde labbra del carnefice (titolo sciocco, tanto quanto quello iberico - La muerte llama a las 10 - e in peggior modo l'inglese - The killer wore gloves) ha di valido solo la graziosa presenza di Gillian Hills, che nella versione integrale offre anche un nudo sensuale, affiancata al breve cameo della De Santis (uccisa con coltello, nell'unico delitto graficamente fedele al genere). Il resto è un tortuoso e interminabile insieme di risvolti intricati, che complicano in maniera poco spettacolare un film nient'affatto riuscito.
NOTE
[1] Secondo Davide Pulici di "Nocturno cinema", le differenze sostanziali con il racconto della Linares (inedito in Italia) stanno nell'ambientazione (Londra, anziché Parigi) e sulla fatidica destinazione del fidanzato di Darin (Vietnam, al posto dell'Estremo Oriente).
(Fonte: "Le calde labbra di Gillian", documentario presente come extra nel dvd Cecchi Gori)
[2] Bosch è celebre per essere stato il primo regista spagnolo a riprendere, per il grande schermo in patria, una donna in bikini.
(Fonte: Davide Pulici, ibidem)
"Che cosa l'umanità non era pronta a fare per denaro? Anche a vendere la propria anima immortale."
(A. J. Cronin)
F.P. 08/01/2022 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 86'53")
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