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Il figlio della sepolta viva

Regia di André Colbert (Luciano Ercoli) vedi scheda film

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La recensione su Il figlio della sepolta viva

di mm40
2 stelle

Nella Francia del diciottesimo secolo, la duchessa di Cambise è un'usurpatrice del titolo: la vera duchessa è stata rinchiusa tempo prima in una torre. Ma il figlio della donna è ancora vivo, così come un altro paio di personaggi a conoscenza della verità, che gravitano pericolosamente - per la finta duchessa - attorno alla corte. L'ordine della (finta) nobildonna è quindi perentorio: vanno eliminati.

 

L'anno precedente Aldo Lado aveva diretto lo scialbo Sepolta viva; Luciano Ercoli tenta ora di dare vita a una sorta di sequel (quantomeno a livello ideale), ottenendo peraltro simili, poco convincenti risultati. Il figlio della sepolta viva è già di per sè un titolo eloquente; la scelta poi di mettere fra i coprotagonisti Fred Robsahm (cognato di Tognazzi e futuro marito di Agostina Belli), già al centro del cast del film di Lado, è una conferma delle intenzioni di Ercoli; infine il contesto e il genere delle due pellicole sono molto simili: ma tutto qui, poichè i personaggi sono differenti e gli sviluppi delle storie pure. Negli anni Settanta d'altronde il nostro cinema di genere visse uno sviluppo quantitativo pressochè incontrollato, a seguito del quale i concetti di citazione e di plagio vennero a confondersi pericolosamene. Qui il regista usa lo pseudonimo francofono Andrè Colbert, che ben si adatta all'ambientazione della pellicola; nessuno sceneggiatore viene accreditato nei titoli di testa e di coda, ma è noto che la fonte del soggetto sia l'omonimo romanzo di Carolina Invernizio. Il ritmo va e viene, gli interpreti non brillano granchè, anche se qualche nome di buon livello c'è: c'è il giovane Gianni Cavina, in uno dei suoi primi ruoli, c'è la tedesca Eva Czemerys (accreditata come Cemerys), in quel momento all'apice della sua carriera, ci sono Pier Maria Rossi, Salvatore Puntillo, Piero Lulli e il già citato Robsahm. Nello stesso 1974 Ercoli/Colbert girava anche Lucrezia Giovane, altra pellicola in costume e di scarso respiro artistico. 2,5/10.

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