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Cose nere

Regia di Francesco Tassara vedi scheda film

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La recensione su Cose nere

di FulvioWetzl
8 stelle

Il monte "Vello", è un buco nero terrestre che inghiotte cose e persone dagli anni '70-'80 del film. L'identificazione del regista con la protagonista è totale: l'archeologa Simona Vannelli, mix di fragilità e determinazione ossessiva, giunge a Spezia per risolvere i misteri che il monte nasconde, ma "è Il luogo l'omicida seriale, e non perdona"

Cose Nere, esordio nel lungometraggio di finzione di Francesco Tassara, è un film a lungo accarezzato dal regista che finalmente esce in sala. Francesco è da anni affascinato da tutto quanto circonda la sua città, La Spezia, città sede centrale dell'Arsenale Militare, anzi borgo diventata città, passando da 5000 a 70.000 abitanti, proprio in concomitanza nella seconda metà dell'800, con la costruzione sia degl immensi edifici e bacini dell'Arsenale, che di tutte le fortificazioni che la cingono, che affondano nei boschi impenetrabili e nei monti che la circondano proteggendola da potenziali "nemici". Tra questi il monte che è chiamato "Vello" nel film (per proteggerlo da invasioni di "turisti del brivido"), che è gravido di testimonianze millenarie, come il Menhir del Diavolo, resti medioevali di chiesette romaniche e castelli, usato come discarica di auto abbandonate, come i resti di un aereo da turismo andatosi a schiantare negli anni '70. Perforato da svariati tunnel e depositi militari che si incuneano sino a un punto di non ritorno, oltre che da devastanti cave del prezioso portoro; attraversato in lungo e in largo da fortificazioni stratificate. Ma soprattutto luogo principe in Italia delle apparizioni ufologiche (circa il 70% di quelle certificate). E' come un buco nero terrestre che inghiotte cose e persone soprattutto negli anni '70-'80, quand'è ambientato il film. Al monte e a tutti i suoi "tesori" Tassara ha dedicato negli ultimi anni un'associazione "#Otium" con cui ha perlustrato in profondità il monte Vello e dintorni in importanti reportage fotografici esposti al CAMeC della Spezia. E il film è l'atto finale (?) di queste ricerche che sconfinano nell'ossessione. L'identificazione di Francesco con la sua protagonista, bene interpretata da Simona Vannelli (di recente protagonista di molti film noir/horror), con il giusto tono di supponenza e petulanza, ma anche di fragilità e determinazione ossessiva, è totale. Il viaggio che la donna intraprende, prima supportata da amiche e sodali, (tra cui Silvia Collatina, bambina fantasma per Lucio Fulci e Sergio Martino, negli anni '80; Ilaria Monfardini, la "Barbara Steele" del cinema recente), incontrando altre presenze inquetanti come Erica Blanc (in un cameo strepitoso), Antonio Tentori, Roberto Di Maio, poi sempre gradualmente più sola, man mano che affonda per tunnel sempre più bui nelle viscere del monte, è un viaggio nell'interiorità, nelle viscere della psiche della studiosa alla ricerca di domande, che rimangono desolatamente senza risposta. Il pericolo cresce esponenzialmente, ma il monte non ne vuole sapere di essere sviscerato. La solitudine nel viaggio è una cattiva compagnia, forse letale. Tassara costruisce questo "viaggio al centro della terra" facendo vivere il buio, e il repentino riaffiorare della luce più accecante, del mare più abbagliante, con tagli e movimenti magistrali che gli derivano dalla sua professione di fotografo, facendo vivere mimeticamente con la protagonista, oltre che se stesso, anche noi spettatori, a condividere un disagio e una paura insopprimibile.

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