Regia di Amleto Palermi vedi scheda film
Lo zio defunto ha lasciato una grossa eredità: due rami della famiglia sono fortemente interessati, ma all’apertura del testamento salta fuori un bell’inghippo.
Questa è la prima delle – quantomeno finora – due trasposizioni cinematografiche della commedia di Antonio Russo Giusti L’eredità dello zio canonico; interessante è il confronto fra i due mattatori siciliani chiamati a interpretare il protagonista: qui Angelo Musco e, nella pellicola diretta da Alfonso Brescia esattamente quarant’anni più tardi, sarà Franco Franchi. Il duello è vinto da Musco, e anche in maniera abbastanza chiara, ma certo non per demeriti particolari da parte di Franchi; si parla infatti di due tipi di cinema piuttosto lontani e differenti fra loro: se negli anni Settanta andrà di moda la commedia sguaiata, un po’ pruriginosa, fortemente regionalistica e (finalmente) sguinzagliata lontano dalla censura, in questa opera del 1934 si ritrova principalmente una decisa componente teatrale a farla da padrone, ragione per cui Musco può fare il bello e il cattivo tempo semplicemente… essendo sé stesso, cioè senza dover porre particolari attenzioni alla recitazione. D’altronde non si può non sottolineare come un’evoluzione stilistica rispetto alla mera rappresentazione sul palco sia evidente, anche perché dietro la macchina da presa c’è l’esperto Amleto Palermi, attivo oramai da due decenni e specializzato in commedie. Peraltro qui Palermi adatta anche il testo di partenza nella sceneggiatura scritta a quattro mani con Michele Galdieri; fra gli altri interpreti da segnalare: Elsa De Giorgi, Adolfo Geri, Zoe Incrocci, Achille Majeroni e Rosina Anselmi. 4/10.
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