Regia di Tinto Brass vedi scheda film
Sei episodi ambientati in località esotiche e modaiole “ricostruite” (si fa per dire) in una villa sulla Tuscolana (anche qui, la locuzione è volutamente evocativa) per un film decadente e decaduto, impotente e (stra)fottente. Al di là di ogni facile battuta e di qualsiasi tranciante giudizio possano scaturire all’uscita di quest’orrenda accozzaglia di pruriti da immaginario erotico ottocentesco, il nuovo prodotto del sempre più Stinto Brass è di una noia mortale, è fasullo come la messe di falli finti esposti e mostrati, è codardo perché non osa abbattere davvero le barriere e risulta involontariamente sincero solo nel frame finale, quando il regista stesso appare nel buio vestito da guardone, dopo l’ennesima eiaculazione virtuale e dopo aver dato a intendere che l’oggetto del suo sguardo (e dunque del suo film) altro non (è)ra che il fallo: del titolo, del veneto dell’ultimo capitoletto, degli altri uomini chiamati alla bisogna. Finalmente (una) la Verità.
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