Regia di Dervis Zaim vedi scheda film
Un film lento. Anche un po’ malmostoso. Perché se alcune suggestioni incuriosiscono (i calchi di parti del corpo malate e difformi come “offerte” per un’ideale guarigione, per esempio), l’insieme appare inerte e fuori fuoco, senza un centro né un appiglio per una storia. E laddove l’idea del fango e dell’arte (la scultura) come panacee per la vita e per le tensioni politico-geografiche di confine (Grecia e Turchia) risulta bella e giusta, l’opera di Zaim produce un effetto respingente: in maniera che durante la visione, si è indotti a meditare sui propri affari, più che su quelli dei personaggi. Quando poi compaiono in scena addirittura dei gangster, si capisce che è davvero un minestrone. Peccato: restano alcuni paesaggi di deserto, anche se non servono a niente.
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