Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
La miglior definizione del cinema di Jean-Luc Godard l’ha data Silvano Agosti. I suoi film rassomigliano ai laghetti finlandesi, numerosi ma di poca profondità. Sostanzialmente è così. Dietro la destrutturazione di stili e generi non v’è nulla, però affascina sempre. Prendiamo BANDE A’ PART: Franz e Arthur, due amici un po’ balordi frequentano un corso di inglese per adulti, Odile una collega di corso molto carina e ingenua mette la pulce nell’orecchio ad entrambi che nella casa della zia, un inquilino in affitto possiede tanti soldi nascosti nella camera in cui risiede. Il bottino pare facilmente accessibile. I tre diventano amici, il fine giustifica l’amicizia a bordo di una Simca con cui scorrazzano pianificando la rapina, bighellonando senza meta o frequentando caffè. Arthur e Franz a turno - per gioco e per opportunità - si innamorano di Odile che ricambia. Il giorno del colpo qualcosa va storto, ci ritentano…
Esercizio di stile raffinato e godibile, figlio di certi romanzetti noir. Il narratore è Godard medesimo, marchio di fabbrica del suo cinema, voce off che serve a rappuntare e accordare il racconto, a dargli una dimensione grave, drammatica e filosofica. Indimenticabile il balletto a tre nel caffè, una quadriglia con passi modificati, una sorta di rhythm and blues di Michel Legrand. Poi la sparatoria con Arthur duellante che cammina carico di piombo e sfrontatezza. Opera con dialoghi spregiudicati per l’epoca, che appartiene al Godard preideologico, leggero e spensierato. Bene il menage a trois: Claude Brasseur, Sami Frey e la deliziosa Anna Karina. Personalmente da preferire al più famoso e celebrato JULES E JIM.
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