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Lost in Translation

Regia di Sofia Coppola vedi scheda film

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La recensione su Lost in Translation

di barabbovich
6 stelle

Sofia Coppola vira su un registro semi-grottesco che è anche una delle componenti migliori del film, sottolineata dal continuo cortocircuito di quanto si perde nella traduzione dal giapponese all’inglese, con risultati spesso esilaranti.

A Tokyo si incontrano due solitudini: quella di Bob Harris (Murray), noto attore di cinema e televisione di mezza età – imbrigliato dai capricci telefonici della moglie per la scelta di una moquette – che nella capitale giapponese deve girare un remuneratissimo spot pubblicitario per una marca di whisky, e quella della giovane Charlotte (Johansson), che è nello stesso albergo per accompagnare il marito fotografo (Ribisi), che però la lascia sempre sola. Divorati dalla noia, i due dividono il tempo tra bar, karaoke, discoteche e molli chiacchierate sul letto. Una carezza sulla mano, un abbraccio, un bacio in punta di labbra, ma nulla di più: il loro rimane un amore platonico.

Al suo secondo film da regista, Sofia Coppola vira su un registro semi-grottesco che è anche una delle componenti migliori del film, sottolineata dal continuo cortocircuito – già nel titolo – di quanto si perde nella traduzione dal giapponese all’inglese, con risultati spesso esilaranti. Se lo spunto narrativo è pretestuoso e a tratti zoppicante, la scelta di portare al ruolo di figura lo sfondo della metropoli del sol levante è stilisticamente perfetta.

Amore platonico

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