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Lost in Translation

Regia di Sofia Coppola vedi scheda film

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La recensione su Lost in Translation

di FilmTv Rivista
8 stelle

Bob e Charlotte sono due turisti per caso. Due teneri e malinconici spostati nello skyline freddo e affascinante di Tokyo. Città che ha, dalla prima sequenza, il ruolo di terzo protagonista di questa commedia/melodramma su un colpo di fulmine lento, su un avvolgente amore platonico, fatto di sorrisi, di una carezza leggerissima di un piede, di corse per la città, di sessioni di karaoke, di insegne luminescenti, di bicchieri d’alcol, di visite ai templi, di sale giochi, di ascensori, di ristoranti, di notti lunghissime, di insonnie da jet-lag, di bar di un hotel dal quale i due vorrebbero scivolare via in modo furtivo per lasciare prima la città e poi il paese. Sono turisti e non viaggiatori. Non vogliono esplorare, conoscere o capire. Sono in quella eccezionale e distratta situazione di transito in cui quasi tutto potrebbe accadere e che interferisce – è inevitabile – con la loro vita americana. Lui (un impareggiabile Bill Murray che meriterebbe un premio per la migliore interpretazione se il film fosse in concorso) è un divo del cinema e della televisione che si trova nella capitale giapponese per girare uno spot pubblicitario di un whisky. Lei (Scarlett Johansson), laureata in filosofia, sta accompagnando il marito fotografo che la lascia continuamente sola con i suoi pensieri, la sua dolce perplessità, la sua noia. Charlotte si chiede chi abbia sposato. Bob considera quei pochi giorni un modo per prendere qualche ora di respiro dal suo lungo matrimonio con il corollario di telefonate di routine e di consulti per scegliere la tinta della moquette. Sono incompatibili per età, esperienze, aspettative, desideri, dubbi, altezza, umorismo e linguaggio. Questo non impedisce a Sofia Coppola (che conferma il suo talento già evidente nel più teso e drammatico Il giardino delle vergini suicide) di sfiorare e muoversi in una metropoli che le è cara e stare vicino con discrezione e notevole chiarezza narrativa ai suoi due protagonisti e al consolidarsi della loro reciproca attrazione. Dalla curiosità, dalle battute scambiate davanti a un bicchiere alla amicizia amorosa, alla visione de La dolce vita all’impigrirsi su un letto, all’innamoramento, all’addio provvisorio con un abbraccio e con alcune parole sussurrate all’orecchio, non condivise con lo spettatore. La regia e il copione mescolano scene comiche (tra le più esilaranti quelle sul set cinematografico e su quello fotografico dello spot) a toni completamente diversi. Gag e commozione, divertimento e romanticismo.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 50 del 2003

Autore: Enrico Magrelli

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