Regia di François Dupeyron vedi scheda film
“Sorridere rende felici”. “Il segreto della felicità è la lentezza”. “Ciò che dai è tuo per sempre, ciò che tieni è perduto per sempre”. Sono alcune delle perle di saggezza che il droghiere musulmano Ibrahim (un Omar Sharif che trova dalle prime scene il sottotono giusto) dispensa tra una scatoletta di ravioli e un beaujolais del suo negozio a Moïse, soprannominato Momo, in una strada parigina d’altri tempi. Momo è un sedicenne sveglio e solitario che guarda dalla finestra la vita della via-acquerello, una strada pittoresca e molto stereotipata che si impone come set, come geografia del ricordo e della convenzione di certo cinema francese. Il giovane protagonista è innamorato delle prostitute affettuose e materne e della figlia della portiera e vive, dopo l’abbandono della madre, con il padre arcigno e oppresso da problemi intestinali, occupandosi della spesa, della casa e della cucina. L’amicizia con il vecchio “arabo” segna il passaggio alla maturità di Momo. Dopo
l’adozione, i due partiranno con una spider verso il paese natale del saggio droghiere, tra l’Anatolia e la Persia. Garbato, molto prevedibile, non noioso, scritto e diretto in modo piano, il film convince più nella descrizione dell’incontro tra il ragazzo e il vecchio e nello scrutarsi, tollerante, tra i due mondi. Il viaggio automobilistico verso le radici non ha alcuna originalità e sembra “finto” come la Parigi della “vie” quasi rosa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta