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Prima ti sposo poi ti rovino

Regia di Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Prima ti sposo poi ti rovino

di FilmTv Rivista
8 stelle

Una volta c’era Mr. Wolf, che risolve i problemi; adesso c’è Ollie’ll Fix It! (Ollie ve lo riparerà!), personaggio marginalissimo che appare nella prima sequenza di Prima ti sposo, poi ti rovino dei Coen, mentre sgattaiola nel bagno della villa di un produttore televisivo che l’ha sorpreso insieme a sua moglie. Ma i personaggi marginali, le figurine di contorno, quelli da una battuta e via, sono il tessuto sotterraneo e la linfa dei film dei due fratelli: perché quella sola battuta (del giudice in gonnella come del pastore scozzese che sposa i protagonisti, della cameriera della tavola calda come dell’altro pastore, new age, che benedice Zeta-Jones e Thornton), quell’unico sguardo, quello scivolone slapstick all’interno dell’inquadratura, fotografano il mondo nel quale la storia “principale” (se c’è) cresce. Questa è una storia di matrimoni e divorzi, della proverbiale “crudeltà mentale” che ha segnato l’immaginario matriarcale americano di mezzo secolo, dove le donne si sistemano lussuosamente sposandosi e, soprattutto, divorziando dal “pollo” di turno. Da Cukor e Capra in avanti, attraverso La Cava, LeRoy, Sturges, fino al re misogino della guerra dei sessi (il grande Howard Hawks), in Prima ti sposo, poi ti rovino sono riassunte tutte le “Lady Eve” che hanno deliziato minacciosamente i sogni del maschio americano, eterno Clark Gable dal sorriso che conquista, cui George Clooney si abbandona con disarmanti dosi di autoironia. Film “minore”?, come già si sussurra. Sarà anche solo un divertissement, ma dentro c’è materiale sufficiente per rimpinzare almeno una dozzina di film di altri registi più asfittici. E comunque, il piacere del racconto, la gioia dei generi da disfare e rifare, da sempre contraddistingue i film dei due fratelli, che all’apparenza non si prendono mai sul serio, ma nella sostanza ci raccontano a noi stessi con un acume folgorante. Qui, tra una vipera bisbetica indomabile e un lumacone vanitoso in crisi di mezza età, un investigatore nero che guarda con gli amici i video girati per le cause di divorzio, un killer asmatico e un socio anziano riemerso dagli anfratti di Mr. Hula Hoop, si ride molto degli equivoci inestricabili che si inanellano in nome della parola amore.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 43 del 2003

Autore: Emanuela Martini

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