Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Il sogno ad occhi aperti dei dreamers tra utopia e ragione. L’estate parigina del ‘68 rappresenta un sogno per gli ormai quarantenni d’oggi, proprio come quello di Isabelle e di suo fratello Theo, lasciati soli a casa dai genitori partiti per le vacanze. A condividere lo stesso sogno nell’appartamento è invitato un amico, Matthew (la voce narrante del film), un americano, conosciuto per caso alla Cinémathèque. I tre decidono di chiudersi in casa stabilendo ferree regole di comportamento. L’obbedienza cieca a tali regole condurrà ad una conoscenza intima l’un dell’altro, fino ad inventare una serie di giochi mentali sempre più estremi.
Tratto dal romanzo The holy innocence di Gilbert Adair, The Dreamers – I Sognatori, come lo stesso titolo lo richiama, è il racconto ‘innocente’, perché giovane, dei venti-venticinquenni, quelli stessi che durante la prima mondiale (il film è stato presentato fuori concorso alla 60ma Mostra del Cinema di Venezia), erano in sala, accampati alla meglio sotto lo schermo, “per vedere Bertolucci, il compagno comunista”. Un film che mette con le spalle al muro coloro che sono responsabili della rimozione del Sessantotto, dai genitori ai docenti, a coloro che ci governano, includendo naturalmente anche buona parte dei libri di storia, specie quelli di ultima pubblicazione.
Tuttavia, chi si aspetta un film sul Sessantotto rimarrà deluso, perché il regista non aveva quello scopo, un'interpretazione o una rivalutazione di quel periodo. Potremmo azzardare che di per sé The Dreamers non parla del Sessantotto. Isabelle, Theo e Matthew sono tre ventenni di oggi, impegnati, ma nello stesso disincantati, pubblicizzati, imborghesiti, ma nello stesso tempo audaci e reazionari. Parlando di essi, e quindi anche di se stesso, il regista ha sostenuto: “eravamo i giovani che ci si addormentava la sera pensando di svegliarci l’indomani, ma nel futuro, in un mondo cambiato”.
Come ne Il conformista e in Ultimo tango a Parigi, è ancora la capitale francese la ‘protagonista’. La Parigi del maggio francese, quella della cinefilia, dell’erotismo, ecc. La capitale dei sogni la cui bellezza, personificata nell’irresistibile fascino dei tre protagonisti, forma un vero e proprio ossimoro in confronto all’appartamento in cui i tre trascorrono quattro lunghe settimane: vetusto e malandato, con intricati corridoi e stanze disordinate e senza ‘limiti’. Così sono anche le strane abitudini dei due fratelli, come quella di dormire abbracciati in un’amplesso sensuale, di fare il bagno insieme. A tale gioco intellettuale-erotico, prenderà parte anche l’amico americano, che fra una citazione e l’altra (da Buster Keaton e Charlie Chaplin, a Jimi Hendrix e Eric Clapton), avrà modo di partecipare ad una specie di rito iniziatico al sesso e alla vita, che condurrà tutti e tre i protagonisti ad una presa di coscienza, interiore e politica. E’ presente, però, una sfida costante: riconoscere una scena, una posizione, un frammento d’immagine che richiama qualche film degno di nota per i tre e naturalmente per Bertolucci. La punizione per chi sbaglia è pesante. Uno scambio di ruoli e un gioco delle parti, durante il bagno assieme, reso magistrale dal regista, attraverso le inquadrature con gli specchi: le affinità che si attraggono e gli opposti che cambiano diametralmente posizione. Questa è poi la sequenza ‘madre’, che conduce al finale, dove i tre ragazzi, entrati nell'appartamento adolescenti ne usciranno adulti. Attorno a loro troveranno un mondo che contesta, da cui loro si son tenuti lontano, captandone solo gli slogan dall’interno dell’appartamento, e attraverso un vetro infranto. Ci sono nel film, specie nella seconda parte, una serie di fratture; infatti, l’uscire da quel luogo meschino, diventa la metafora di una rinascita, segno d’innovazione e di libertà.
The Dreamers sta tra il Decameron e Cronaca di poveri amanti. In entrambi c’è un venir fuori: in Boccaccio, da una vera e propria epidemia; in Pratolini, dagli ambienti gretti tipici delle classi subalterne. In tutti e tre, ma più di tutti in The Dreamers è presente il gioco della memoria.
Per chi già conosce il regista emiliano, non ci vuol molto a capire quanto questo film appartenesse alla “parte più intima” di sé, lo confermano le sue parole a tal proposito, durante la presentazione del film a Venezia: “mi sorprendo di non essere qui in vestaglia, perché questo film mi appartiene in modo intimo e quotidiano”.
E’ un film che mantiene un’attenzione maniacale, quasi al limite dell'esagerazione, per l’estetica, che raggiunge uno dei momenti più alti quando Isabelle appare sulla porta come la Venere di Milo: indimenticabile. Anche i dialoghi serrati fra i protagonisti, diretti dal maestro emiliano in modo magistrale, sono all’altezza di un regista che ha saputo ‘mettere in scena’ le ansie, le paure e i sogni, di ieri e di oggi. Uno degli ultimi ‘sognatori’ del cinema italiano.
Giancarlo Visitilli
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