Regia di Andrej Zvyagintsev vedi scheda film
Commentando Stalker (1979) - un film che per alcuni versi è accostabile a Il ritorno - Tarkovskij, dopo avere dichiarato che la Zona non simboleggia nulla, la descriveva con queste parole: «la Zona è la Zona, la Zona è la vita». Alla faccia del non simboleggiare nulla! Con la stessa reticenza dell'illustre connazionale, tipica di molti autori di cinema, Zvyagintsev dichiarava che «chiedere di che cosa parla il film rappresenta una domanda valida, nondimeno credo che non ce la si dovrebbe porre». E allora vorrei provare a saltare a pie' pari questo ideale «muro di omertà artistica», innalzato da Zvyagintsev, sulla scorta del maestro Tarkovskij, chiedendomi direttamente chi o cosa rappresenti il personaggio del padre. La prima volta che vediamo l'uomo che è arrivato a casa dei due fratelli Andrej e Ivan, presentandosi come il padre, quello sta dormendo ed è inquadrato da un'angolazione che rimanda immediatamente al Cristo morto del Mantegna. Dopo di che, il presunto padre si siede a tavola con i figli e con la moglie, e spezza il pane e versa il vino. Chi ci ricorda? Va detto, però, che questo padre non è caritatevole e misericordioso come Gesù, anzi, mette spesso alla prova la sopportazione dei due ragazzi, soprattutto del più piccolo, Ivan, diffidente e ribelle. Nel modo di rapportarsi con i figli, quest'uomo, ricomparso dal nulla dopo dodici anni, ricorda il Dio del Vecchio Testamento, quello che mise alla prova Abramo, chiedendogli il sacrificio del figlio Isacco (dopo avere visto il sedicente padre che dorme, Ivan corre in soffitta ed estrae, dalle pagine di un libro, una vecchia fotografia del padre; quel libro è una Bibbia e quella foto è ospitata proprio dalla pagina che illustra il sacrificio di Isacco). Il dubbio su chi sia quest'uomo, ora inquietante ora rassicurante, giusto (a ben guardare non impone mai cose illogiche o arbitrarie) ma anche vendicativo, che giunge quasi al punto di uccidere il più mansueto dei due figli, ci accompagna per tutto il film. Alla fine, l'uomo muore e s'inabissa nelle acque del mare. Sarà rimpianto, cercato, forse riconosciuto: di sicuro lascerà il dubbio sulla propria identità. Nel frattempo i figli sono cresciuti, hanno attraversato l'isola e il mare (la loro Zona) e non si sono spezzati: al termine del film, il fratello maggiore Andrej conduce la barca e guida l'automobile, come faceva il padre. Le chiavi di lettura di un bel film come Il ritorno sono molteplici: accanto a quella «politica» (relativa alla Russia di oggi, priva di punti di riferimento) e a quella cristologica - che mi sembra supportata da elementi oggettivi del testo - c'è indubbiamente anche quella del racconto di formazione di cui si rendono protagonisti Andrej ed Ivan.
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