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Goodbye Dragon Inn

Regia di Tsai Ming-liang vedi scheda film

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La recensione su Goodbye Dragon Inn

di FilmTv Rivista
stelle

Rullano i tamburi e squillano le trombe della gloriosa sigla della Twentieth Century Fox; appaiono i titoli di Goodbye, Dragon Inn, mentre in colonna sonora continuano a scorrere dialoghi e musiche del grande successo spettacolare degli anni ’60 di King Hu, maestro del cinema taiwanese di spade e fantasmi, voli marziali, principesse guerriere, cavalieri erranti. Dallo spiraglio di una tenda, osserviamo la platea piena, mentre i protagonisti cominciano a piroettare sullo schermo. Poi, fuori piove, un solitario gatto nero attraversa l’atrio vuoto e un po’ squallido del cinema, uno spettatore spaurito si avvicina e si decide a entrare in sala, mentre al lato opposto dell’inquadratura una donna (cassiera, custode, donna delle pulizie) armeggia intorno a un lavandino, prima di allontanarsi zoppicando. In sala, oltre al protagonista, solo un bambino, al quale si aggiungeranno nel corso della proiezione due ragazze rumorose e biascicanti e alcuni spettatori che vagano titubanti verso gli orinatoi. Il cinema Fuhe, ha detto Tsai Ming-liang, prima di chiudere era diventato un ritrovo per pochi gay. Ma questo non è un film sui gay: è un film sulla solitudine, sulla fine del cinema e del mondo (come The Hole, del quale riprende la pioggia battente e la separazione fisica dei personaggi all’interno del quadro), su un amore scomparso e nostalgicamente rimpianto (come dicono le parole della canzone sui titoli di coda, Rimane l'amore, e le lacrime sul volto del vecchio attore che si rivede giovane sullo schermo). Girato con malinconico rigore e sotterraneo sense of humour, tremendamente laconico (letteralmente, otto battute di dialogo, quattro sugli spiriti che infestano il cinema, e quattro alla fine tra i due vecchi attori che si ritrovano fuori dalla sala), Bu san ci parla della nostra vita infinitamente vuota, sciancata, perduta, ogni pomeriggio, senza cinema, senza amore. Tra le poche consolazioni che ci restano, meno male che c'è Tsai Ming-liang.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 0 del 0

Autore: Emanuela Martini

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