Regia di Lai Miu-suet vedi scheda film
È sempre il solito discorso. Il pubblico veneziano è costretto ad avere un’idea distorta del cinema hongkonghese. C’è qualcosa di lugubre nella scelta che Venezia opera da un po’ di tempo a questa parte riguardo al cinema dell’ex colonia britannica. Perché capolavori come PTU di Johnnie To (per citare il primo e il più recente che viene alla mente) sono accantonati a priori, mentre mélo inguardabili come questo vengono posti sotto i riflettori. E pensare che non vale nemmeno un vcd da tre dollari. Che ci sia Stanley Kwan tra i produttori, uno degli autori del vero melodramma di Hong Kong, fa ancora più male. Ci sono flou e ralenti che neanche in uno spot di uno shampoo si fanno più. Il languore sentimentale è sinonimo di beceraggine da mercato dell’usato, mentre si scambia la maniera di superficie per oro colato. E gli interpreti bamboleggiano inebetiti, forse inconsapevoli o forse no.
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