Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
I ventun grammi del titolo sarebbero quelli che perdono gli uomini nel momento in cui muoiono. Per chi ci crede, quindi, il peso dell’anima. Intorno a questa curiosa intuizione Iñárritu, autore dell’osannato Amores perros, costruisce un film polifonico, le cui voci si incastrano tra loro come in un puzzle. Chi ha la pazienza di assemblare i pezzi si fa un’idea del quadro: un avanzo di galera in cerca di redenzione investe per caso un padre e due bambine, uccidendoli. Il cuore del defunto viene trapiantato a un tizio che ha perso ogni speranza di farcela, nonostante la compagna cerchi ancora di avere un figlio. L’uomo dal cuore nuovo si mette poi in contatto con la moglie del “donatore” e insieme progettano di uccidere l’“assassino”. Detta così sembra la contorta trama di un improbabile mélo. E infatti, 21 Grammi è un improbabile mélo che svela quanto la presunta “modernità” di certo cinema sia ormai nuda come il Re. Concentrandosi testardamente sulla struttura, Iñárritu perde completamente di vista i personaggi e il pathos delle loro vicende personali. Ebbro di autocompiacimento, 21 Grammi subisce un processo di autocombustione e si trasforma in uno strazio visivo, oltretutto appesantito dalla durata, 125 minuti che sembrano non passare mai. Eccellente cast buttato al vento.
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