Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Camera a mano, montaggio frenetico, abuso del flashback e del flashforward: guardare le due ore (mica poche) di 21 grammi è una sfida alla serenità, presupposto che lo spettatore ne abbia una. Se invece si è già nervosi prima della visione, si sconsiglia vivamente di mettersi ulteriormente alla prova. Peccato. Perchè è un film profondo, di sentimenti sfiancanti, logoranti, di grande intensità e di ottimi momenti, potrebbe perfino farsi scambiare per un atto di amore verso la vita - molto più 'cristiano' delle formule stanche che Del Toro ripete per autoconvincersi di essere diventato una persona migliore. E invece il finale annulla tutto con quel gesto sconsiderato di Penn. I 21 grammi che rappresentano l'anima sono volati via, e rimane solo un immenso 'chissà'. I personaggi si scambiano organi, liquidi, sentimenti fortissimi, informazioni riservate, intimità, ma in definitiva è il trionfo dell'angoscia, dove l'amore non può più arrivare. Brutale nelle vicende, poetico nel raccontarle, eccessivo nello stile tecnico, ben recitato e concreto, reale, vivo. Se si è disposti ad accettare la - mediamente drastica - scelta stilistica di Inarritu è un bel film.
Un ex galeotto che ha trovato la pace nella parola di Cristo investe per errore ed uccide un uomo e le sue due bambine. Il cuore del defunto va ad un uomo malato la cui moglie, per disperazione, si è fatta impiantare il suo seme nell'utero. Il malato di cuore, scoperto il donatore, va a conoscere la vedova e fra i due scoppia l'amore. Poi va a rintracciare l'investitore per ucciderlo, ma ha pietà di lui. Ma non di sè stesso.
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