Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
"Anche con gli occhi spalancati non riesco a vedere niente" dice Zatoichi alla fine del film. Un (anti)eroe che si finge cieco perchè crede che gli altri sensi siano più importanti della vista. Kitano, che lo interpreta, gli da ragione e a livello filmico segue la stessa scelta del suo protagonista.
Il regista compie un lavoro eccezionale sul sonoro. E quindi anche sul montaggio audiovisivo. Kitano preferisce porsi come obiettivo del montaggio audiovisivo non una significazione intellettuale della realtà, ma una sua messainscena estetica.
Il sonoro, quindi, non diventa contrappunto dell' immagine per creare senso, ma si sincronizza sull' immagine stessa per creare una forma artistica.
Il film va visto interamente nell' ottica di una stilizzazione, nella creazione di corpi e movimenti codificati che rappresentino a livello estetico una storia.
Questo è il significato dell' ultima scena, quella con la danza forsennata di tip tap.
Con questa danza si raggiunge il massimo coinvolgimento tra corpo e musica. E anche il massimo della loro sincronizzazione. In poche parole si raggiunge il massimo grado di artificialità. E l' occhio che guarda capisce che quanto ha osservato fino a quel momento è frutto di una codificazione e non ha nulla a che fare con la realtà delle cose.
Il cinema, nelle mani di Kitano, si trasforma, qunidi, nella codificazione di una forma.
Quello che lo interessa, infatti, sono i movimenti, la composizione dell' inquadratura, i colori. Pioggia, fango, il rosso del sangue sono tutti elementi stilistici. Come la violenza che assume un valore puramente coreografico.
A livello narrativo, Kitano, segue ancora la strada della rappresentazione artistica. Non c'è veridicità nelle immagini e nel corso del tempo in cui esse sono incanalate. Passato e presente scorrono senza interruzioni. Kitano passa dal momento presente ai ricordi dei personaggi senza fratture nel flusso della narrazione. Il tempo è per lui qualcosa di fluido e imprevedibile alla ricerca di una forma.
All' interno della storia poi ci sono i più svariati elementi che continuano a ripeterci l' estrema artificialità di quello che stiamo vedendo. I siparietti comici tra i vari personaggi ne sono un esempio. L' ironia in questo film è surreale ed è spesso legata ad un uso comico del corpo.
L' occhio che non vuole vedere è quello che non riconosce più la realtà come tale e allora si appoggia agli altri sensi per comprenderla.
Per questo nel mondo di Zatoichi il reale può essere espresso dai lavoratori che vanno al ritmo di una musica extradiegetica. Perchè il suo è un mondo interamente costruito all’ interno di codici e figure estetiche.
Il mondo di Zatoichi, in definitiva, è un mondo puramente cinematografico.
Il merito di Beat Takeshi è quello di farci vedere questo mondo anche se è solo un’ illusione.
E anche quello di condurre l' occhio dello spettatore attraverso forme e stili che possono racchiudere la bellezza nella danza di un travestito o nelle dita mozzate di una mano.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta