Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
Forse il Kitano più genuino, che schernisce i classici giapponesi seminando chicche di autentica poesia, incastonata nell'originale marchio di fabbrica Takeshi's Castle (l’indimenticato Mai dire banzai, nella versione Gialappa's Band); come con la scena uggiosa dell'ombrello sgangherato, che avanza lentamente, liberando poco a poco mente e visuale su un gruppetto di contadini che paradossalmente tiptappeggia nella risaia, in una scena di raro fascino, supportata tra l'altro da una coinvolgente colonna sonora di un mitico Keiichi Suzuki, che coniuga esemplarmente il poetico al bizzarro sincronizzando con perfetto tempismo musica ed immagine, ed offrendo il siparietto come ghiotto prologo al finale pirotecnico che immagino rivendichi più di un credito anche dall’Oscar The Millionaire . La storia passa quindi in secondo piano, il plot giudicato debole da molti critici diventa semplice scusa per le scorribande visive del Kitano monello, il sangue in digitale azzera ogni effetto splatter acquarellando la pellicola in elegante simil Photoshop e la demenzialità trova esatto spazio senza risultare fuori luogo. Il massaggiatore cieco interpretato da Kitano - la katana più veloce dell’oriente - si auto sbeffeggia goliardicamente, disegnandosi icona prima di tornare guitto. I puristi hanno storto il naso: si vede che non hanno mai ballato il tip tap come il Takeshi giovincello… ;)
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