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Segreti di Stato

Regia di Paolo Benvenuti vedi scheda film

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La recensione su Segreti di Stato

di lamettrie
8 stelle

Un ottimo film storico. La precisione, il rigore critico storiografico svettano in quest’opera di Benvenuti, che ebbe il merito di ribaltare le visioni più accreditate, mostrandone i limiti sulla scorta della miglior documentazione disponibile, resa tale da storici di mestiere di vaglia.

Poiché il nodo illuminato, ovvero l’eccidio di Portella della Ginestra del ‘47, è centrale per la storia dell’Italia repubblicana, al film va riconosciuto un gran merito, quello di aver cercato in modo straordinario di far riaprire gli occhi della società su un argomento importantissimo: ufficio di primaria importanza, tra quelli che la cultura può assumere.

Tecnicamente, nella sua asciuttezza, Benvenuti confeziona sempre pellicole di pregio, non adeguatamente valorizzate. Storicamente, questa è una delle poche opere che mettono in luce in modo serio i pilastri della repubblica italiana, così come si sviluppò nel dopoguerra, fino ai giorni nostri: la grande intesa fra mafia, stato, Chiesa e Stati Uniti. Mancano solo i grandi imprenditori: altrimenti ci sarebbe tutto il gotha che ha diretto l’Italia, in funzione anticomunista e, quindi, anche in generale antidemocratica, in un modo profondamente iniquo e delinquenziale.

Ciò si dice ricordando che, se l’anticomunismo ha vinto ed ha richiesto connotato violentemente antidemocratici nella costruzione (ben più falsa che vera) di un’Italia giusta e democratica, è altrettanto vero che l’opzione perdente, quella comunista, fosse a sua volta antidemocratica (fedeltà, cieca e dogmatica, agli orrori sovietici contro i diritti umani…).

Ma non si può nemmeno disconoscere come i comunisti e, in generale, i socialisti siano stati i più fieri difensori dei diritti umani in Italia contro classi dirigenti profondamente inique, in quanto disegualizzanti in favore dei ricchi. I militanti ispiratisi a Marx sono stati baluardo dell’umanità in Italia, in tale senso, assai spesso: contro lo stato borghese e capitalista a fine ‘800 (Crispi…), contro quello fascista, contro lo stato (che il film mostra) egemonizzato da capitalismo, mafie, Vaticano e Usa (le vere quattro gambe della sempre assai malandata sedia Italia), che ancora noi subiamo oggi.

Le interviste allegate al cd (al regista, all’attivista comunista siciliano Macaluso, al grande storico Nicola Tranfaglia, che ha contribuito alla sceneggiatura con i propri studi e quelli ancor più decisivi di Casarrubea) mostrano bene tutto: il gran valore lotta comunista contro le ingiustizie; l’insabbiamento di stato, veicolato dal partito di fiducia della mafia, quella Democrazia cristiana che da lì per 45 anni ha pure governato il paese, purtroppo, serva furba degli Stati Uniti; e soprattutto la falsità delle versioni fatte passare per vere, che riposano su falsi storici, e semplificazioni che tradiscono la verità di una realtà che è sempre più complessa, e che richiede inesausti spirito critico e competenza, proprio come quella che deve abitudinariamente esercitare un giudice (ottima è la figura dell’avocato, interpretato abbastanza bene da Catania; ma soprattutto quella del professore che va oltre le sicurezze apparenti, interpretato da Sergio Graziani). A monito di chi insegna la storia, e di chi la studia e la deve studiare. Quest’ultimo, quando decide a chi affidare il potere con il voto, si fa sempre condizionare dalla fiducia che concede a certe versioni storiche: il film mostra l’inattendibilità di molte di esse, dovuta sia alla pigrizia, sia all’interessata menzogna imposta da classi dirigenti disastrose e inique, quando non criminali.

Per quanto didattico e didascalico, il film è impeccabile anche per il ritmo, la recitazione, la pulizia tecnica, la verosimiglianza della resa della mentalità dei mafiosi. Bravo Coco nell’interpretare il protagonista, quel Pisciotta assassinato, a tradimento col veleno, dallo Stato italiano, che era terrorizzato dalla verità che avrebbe rivelato il Pisciotta medesimo: un classico, replicato contro Sindona e altri.

Per la conoscenza di quest’episodio cruciale, e ancora meno noto di come dovrebbe, supera senza dubbio quello di Rosi, che, pur erroneamente incensato, pecca di chiarezza nella lettura storica.        

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