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Buongiorno, notte

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Buongiorno, notte

di tafo
8 stelle

Quello che interessa al regista è farci entrare dentro la normalità di quei 55 giorni , farci vedere la reclusione forzata delle brigate rosse, che non può che produrre la totale astrazione di quello che accade fuori. Il contatto con la realtà è minimo e mediato sempre dalla televisione con pochi canali ma già con una grande capacità di disturbo sulla vita quotidiana. Bellocchio conosce il mondo dell'estrema sinistra sa che molti terroristi credono che la loro lotta sia una continuazione della guerra di resistenza. Quando la guerra diventa fredda e il popolo vuole vivere tranquillo nel benessere borghese diventa molto difficile giustificare questo tipo di lotta armata e il paragone con   gli anni della guerra tra fascisti e partigiani non può reggere. 

Il percorso di Chiara, sempre meno convinta di quello che sta facendo, è uno sguardo sospeso tra sogno e realtà, tra il desiderio umanissimo di non voler essere complice di un  omicidio e la necessità ideologica di dover denigrare la lettera di Moro al papa. Chiara deve reprimere i propri sentimenti, la sua soggettività verso parenti e amici è limitata così come la fede verso i compagni deve essere oggettiva. Quando la donna ricomincia  a pensare sovrapponendo le lettere dei condannati a morte dai fascisti con la lettera di Moro alla moglie è la sua soggettività che lotta contro le sovrastrutture politiche e che ci ricorda come ogni assassinio sia prima di tutto un atto di violenza verso un uomo. BUONGIORNO, NOTTE è un film impietoso verso il terrorismo che passa attraverso la consapevolezza di un mondo eticamente convinto delle proprie azioni che si trova a vivere una quotidianità allucinante. Il contrasto è spietato non concede nulla ai terroristi chiusi nei loro deliri autoreferenziali. Aldo Moro rimane una figura essenzialmente umana che ha paura di morire, che sa e non vuole diventare un martire della repubblica, corpo sacrificato e per questo unico assente al suo funerale. Quel funerale che rimane una delle immagini simbolo del nostro paese nel suo essere insieme tragica e farsesca e che in un blob ideale della nostra repubblica non si può dissociare dai Pink Floyd. Al centro della scena c'è la potenza del cinema nell'immaginare un finale diverso ingenuo nella sua sincerità ma libero di andare oltre ogni pentimento ideale o tardivo e ogni polemica dietrologica e strumentale. 

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