Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
La chioma della prima domanda che piomba addosso è: perché prendere "in prestito" il titolo (che poi non è un titolo, perché le poesie di Emily non avevano titolo) di una delle splendenti e acquatiche gemme eterne di una delle massime poetesse di tutti i tempi? Lo stesso Marco Bellocchio ha detto che il film è impregnato di un' "atmosfera alla Emily Dickinson". Sinceramente, l' unica atmosfera presente nel film mi sembra di un assembramento di putride comete di banalità, a cominciare dalla protagonista M.S., che recita (recita?) nello stesso modo in cui Emily Dickinson amava la gente. La fotografia del film è completamente risucchiata da uragani di getti televisivi, metà della regia è occupata a inquadrare le immagini alla televisione del 1978 riguardo a quei fatti carichi di gambe di tristezza (ma è un film o è un triste documentario?). Il ragazzo che si avvicina a M.S. per la prima volta all' interno della biblioteca sembra essere stato ricavato da onde di sorrisi per spot pubblicitari. Dialoghi camminati dai denti di bianca banalità, fino al delirio. Mi chiedo veramente dove stia la Poesia all' interno di questo film: non è certo la prima volta che si vede in un film un bambino che senza saperlo si trova in una casa di lugubri avvenimenti della storia (tra l' altro bambino dato all' improvviso da una inquilina del piano di sopra, come se questa volesse essere una scena misteriosa o generatrice di elettrica suspence, quando è soltanto un collage di caos -ma di quel caos malato di noia-). Ripeto, ma dove sta l' atmosfera alla "Emily Dickinson"? Già pensare di fare una "atmosfera alla Emily Dickinson" mi sembra un' idea che dovrebbe appartenere soltanto a un Anghelopoulos, Zurlini, Pietrangeli, Paradzanov, Sautet, ed in più mi sembra che si tratti di voler attrarre a sé l' attenzione con l' accostamento di due parole in un insieme di un gommoso e luccicante verso che sorride, ma sorride per conto proprio. Ad eccezione di Luigi Lo Cascio, che è l' unica punta di occhi a dare sabbia di credibilità a questo attrezzo che si chiamerebbe "film". Se Emily Dickinson dovesse mai vedere questo film, probabilmente me ne accorgerei senza che me lo dicesse. Darebbe termine al mondo.
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