Regia di Mario Bava vedi scheda film
Divertente questo film di Bava, che risale al 1968, ma è invecchiato benissimo.
Dopo aver seguito la trilogia dei fratelli Manetti, dedicata al re del terrore, non potevo esimermi dal rivedere a distanza di molti anni, questa prima trasposizione cinematografica del fumetto di Diabolik, ad opera del maestro Bava. Subentrato tardivamente nel progetto, che ha avuto una gestazione travagliata, il regista infuse nel film un'estetica fumettistica e raffinata, figlia della sua ottica visionaria e frutto di influenze delle avanguardie artistiche in voga all’epoca. Il suo è un cinema "pop”, nell’accezione più positiva del termine, creativo e fantasioso; l’esilissima storia sembra fuoriuscita magicamente dalle strisce dei fumetti delle Giussani, colorita come le tavole di un fumetto, a tinte forti, accese, posticce e poco verosimili. Le scenografie sono artigianali, ma non si sente la mancanza della CGI anzi, il nascondiglio sotterraneo di Diabolik, è costruito con geniale mix di pop art, futurismo e trovate caleidoscopiche.
La sceneggiatura è evanescente, poco più di uno sgangherato canovaccio, in una trama poco coerente, ma utile al regista per avvincere lo spettatore, in questo piacevole viaggio dal gusto retrò. Bava ironizza, irride, si prende gioco del potere e del mezzo cinematografico; si pensi alla sequenza in cui il discorso del capo della polizia diventa “esilarante” grazie ad un gas diffuso nella sala da Diabolik o a quella in cui il ministro delle finanze, si prostra ad elemosinare i cittadini, affinché di propria spontanea volontà paghino le tasse, in quanto gli uffici preposti sono stati fatti saltare in aria dall’uomo in calzamaglia; magneticamente grottesche e kitsch, le sequenze di Diabolik e Eva che fanno l’amore in una vasca ricolma di banconote e quella in cui il mitico signore del male "decora" il corpo della donna con i costosissimi smeraldi appena rubati, per poi tuffarsi con lei in una fantasmagorica piscina. Anche il finale sembra canzonatorio. La colonna sonora di Morricone, è assolutamente appropriata e in linea col tono della pellicola: Marisa Mell è talmente un bel vedere che la scarsa somiglianza somatica con Eva Kant, diventa un fattore davvero irrilevante.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta