Regia di Paul Hunter vedi scheda film
In bilico tra passato e futuro e tra Oriente ed Occidente, questo “Il monaco” è un film davvero sorprendente e forse sottovalutato. Alla indiscutibile bellezza delle scenografie (un po’ “C’era una volta in America” un po’ “Grosso guaio a Chinatown”) va aggiunta una trama decisamente avvincente che seppur partendo da un clichè che dire ritrito è eufemistico (col nazista megalomane di turno pronto a spostare enormi eserciti tra i vari Continenti pur di soddisfare il bisogno di conquistare il mondo) riesce a costruire una storia che aldilà di qualche banalità di troppo (ma decisamente trascurabile) convince appieno.
In breve è la storia di un monaco tibetano (Chow) investito, dopo aver superato le classiche 3 prove, della pergamena che permette a chi ne conosce il contenuto di poter gestire il mondo a proprio piacimento. Sfuggito al nazista di turno (un Karel Roden che si conferma tra i “nuovi cattivi”, si ritroverà, per ragioni sinceramente ignote, dopo 60 anni (ai giorni nostri) in America, dove incontra un borseggiatore dall’animo nobile (un sorprendente Seann William Scott) che inconsciamente supera le 3 prove che il monaco superò a suo tempo. Con l’ausilio di una bad girl (Jaime King che a tratti ricorda la Beart de “La nona porta”) i 2 riusciranno a dare il benservito ai cattivi e far trionfare i buoni sentimenti.
Come detto, nulla di originale, ma il regista Paul Hunter riesce coi movimenti della mdp e con alcune intelligenti trovate (come il controfinale) che lo rendono un film consigliabile.
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